La passione di Movimento 5 Stelle e Lega per Palazzo Chigi conoscerà qualche giorno di pausa per le ferie pasquali. Da mercoledì ricominceranno i giochi con il primo giro di consultazioni al Quirinale. Però non si interrompe, tra battute in contropiede e punzecchiature, il ping pong tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

IL LEADER LEGHISTA PRENDE alla lettera l’impegno grillino a confrontarsi «sui temi e non sulle poltrone», rilanciando «il programma del centrodestra», vale a dire «l’abolizione della legge Fornero, la riduzione delle tasse e il blocco dell’immigrazione». Tre questioni che dovrebbero vedere concordi i 5 Stelle. Salvini a modo suo dice chiaramente che l’interlocutore privilegiato sono proprio loro: «Io sono pronto a fare il premier – spiega – Il programma c’è, la squadra c’è, ma non ho l’arroganza di dire ’Solo io’, ’O io premier o il diluvio’. Se non abbiamo i numeri da soli parliamone con altri, escluderei il Pd. Vediamo se M5S dice solo no o se si prende la responsabilità di cambiare le cose».

DAL M5S RISPONDONO tenendo il punto e smentendo alcuni retroscena di questi giorni, che volevano Di Maio dalle prossime settimane pronto a fare un passo indietro in nome del compromesso, e ribadendo il refrain: «Proporre agli italiani un altro candidato premier significherebbe tradire la volontà popolare». Proprio Di Maio ieri è andato in Campidoglio, su invito di Virginia Raggi. Il capo politico e la sindaca hanno parlato dell’applicazione dei decreti attuativi della riforma su Roma, che pende dal 2010 e che dovrebbe garantire maggiore autonomia e più risorse per la capitale. Cioè di un altro tema che nei giorni scorsi è comparso nei segnali di fumo tra grillini e leghisti.

Intanto dal M5S arrivano indicazioni molto prudenti sulla risoluzione parlamentare riguardante il Documento di economia a finanza, primo nodo politico della legislatura, che verrà presentato alle camere il 10 aprile e che dovrebbe essere approvato entro la fine del mese. Il Def è uno degli atti sospesi in mano al governo. Nell’attesa che nasca un nuovo esecutivo, passerà per la commissione speciale di istituita al senato e in attesa di deleghe e poteri da parte della conferenza dei capigruppo. Questo della commissione è uno dei passaggi da tenere d’occhio. Perché forse per prima in questa sede (vi si riuniscono 27 membri, tra i quali nove grillini e cinque leghisti) si capirà al di là di tatticismi e dichiarazioni ad effetto, se il dialogo tra le due forze è destinato a funzionare davvero e sulle misure concrete. Tra la pattuglia pentastellata in commissione è stato scelto anche Gianluigi Paragone, che non è esattamente un esperto parlamentare ma ha un ruolo importante: è uno di quelli che tiene i rapporti con la Lega.

Di Maio e i suoi in questa fase intendono «rassicurare i mercati» e la Ue. L’idea sarebbe quella di rispettare i saldi indicati da Padoan e Gentiloni, in modo che in caso di previsione al rialzo del Pil ci sarebbe qualche margine di manovra in più sul deficit. Sul fronte della legge Fornero ci si limiterà a fornire indicazioni su singoli aggiustamenti per flessibilità in uscita, lavori usuranti e rapporto tra età di pensionamento e aumento della speranza di vita. Quanto al «reddito di cittadinanza», che già in campagna elettorale Di Maio ha ammorbidito parecchio immaginando una misura «destinata a estinguersi» una volta ripartita l’occupazione, i 5S comincerebbero ad approcciare la questione in maniera soft, prevedendo 2 miliardi di stanziamenti da ricavare attraverso tagli alla spesa pubblica e razionalizzazioni in tema di detrazioni e agevolazioni fiscali da destinare alla riforma dei Centri per l’impiego e coinvolgendo da subito le Regioni.

IL REDDITO È NOTORIAMENTE uno degli oggetti della discordia in vista delle trattative per il governo. Ma proprio ieri Salvini si è prodotto in un’apertura, seguita a quella di Toninelli sulla flat tax, che sembra predisporlo a una qualche mediazione: «Se non è un investimento illimitato per chi sta a casa ma una misura temporanea per chi ha perso il lavoro ed è in attesa di trovarne uno nuovo ne possiamo parlare – dice Salvini – Se è l’ennesimo provvedimento assistenzialista a tempo indeterminato, aperto a tutti, no». Un veterano del centrodestra come Gianfranco Rotondi sostiene che tra Di Maio è Salvini è tutta scena, l’accordo sarebbe già fatto. Se così fosse, dovrebbero dirimere un’altra questione delicata: dal primo gennaio 2019, se dovessero risultare anomalie di bilancio, scatterebbero le clausole di salvaguardia e l’aumento dell’Iva, una misura che nel M5S dicono di voler evitare in ogni modo. E anche questo impegno avrà un costo.