Eccola allora la proposta di Matteo Salvini per sbloccare la vertenza latte in Sardegna: 44 milioni di euro per il ritiro di 67.000 quintali di formaggio in eccedenza sul mercato. La proposta è arrivata nell’incontro convocato ieri pomeriggio al Viminale dal ministro dell’Interno e dal ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio. Per l’operazione il governo mette a disposizione 14 milioni di euro, il ministero 10 milioni, la Regione Sardegna altri 10 milioni e i restanti 10 milioni dal Banco di Sardegna, il principale istituto di credito sardo. Il ritiro dovrebbe far salire il prezzo del pecorino e di conseguenza del latte, che nel tempo dovrebbe raggiungere gradualmente il prezzo di un euro al litro richiesto dai pastori.

La delegazione degli allevatori sardi ha però respinto l’offerta: la loro richiesta è quella di arrivare subito a un prezzo di un euro al litro. I 44 milioni, hanno obiettato i pastori, arriverebbero con i tempi lunghi della burocrazia e nel frattempo gli industriali continuerebbero a pagare il latte al prezzo di 60 centesimi il litro, ben al di sotto dei prezzi di produzione. Per moltissime aziende, un disastro. Di fronte al no dei pastori, Salvini ha giocato la carta più forte, quella dell’aumento immediato del prezzo del latte a 70 centesimi attraverso un accordo con gli industriali caseari. Il ministro leghista ha anche cercato di convincere i pastori che i 44 milioni impiegati subito sul mercato del pecorino porteranno il prezzo del latte a un euro nel giro di tre mesi. Poco per gli allevatori. Che non credono ad un accordo immediato con i caseari per un prezzo a 70 centesimi e tanto meno credono che il prezzo possa arrivare a un euro in soli tre mesi. E poi sono in ogni caso solo di soluzioni tampone. Neanche l’ombra di interventi strutturali di riorganizzazione della filiera del latte. Con il rischio che tra un anno si torni punto e a capo. Alla fine nessun accordo e un rinvio: domani il tavolo sarà trasferito in Sardegna alla presenza del ministro Centinaio. Domenica, sull’isola, ci sarà Salvini.

Al tavolo al Viminale con i pastori c’erano tutte le organizzazioni agricole, fra cui Coldiretti, Confagri, Cia e Alleanza delle Cooperative. Presenti anche il presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, e l’assessore regionale all’agricoltura Pier Luigi Caria. L’altro ieri pomeriggio, con un incomprensibile ritardo, Pigliaru aveva provato lui a sbloccare la vertenza latte. Senza però cavare un ragno dal buco, perché alla riunione convocata a Cagliari i pastori non si sono presentati. Uno dei due giocatori della partita era assente. L’altro, gli industriali caseari, c’era. E c’erano anche la Sfirs (la finanziaria controllata dalla Regione) e il Banco di Sardegna. Erano lì perché l’obiettivo di Pigliaru era quello di dare ai pastori, attraverso Sfirs e Banco di Sardegna, i soldi necessari per tamponare l’emergenza. Poi dopo, superato il giro di boa delle elezioni regionali del 24 febbraio, l’apertura di un tavolo di trattativa per definire regole nuove e più giuste per il funzionamento della filiera sarda del latte e del formaggio. Gli industriali caseari hanno proposto un aumento del prezzo del latte: dai 60 centesimi che hanno scatenato la rivolta a 65 centesimi. Per i pastori «un’inaccettabile elemosina», come hanno subito fatto sapere.

«Gli allevatori non si sono spostati dalla soluzione del prezzo del latte di un euro più Iva e hanno detto di non essere interessati alle questioni collegate al mercato del pecorino», ha spiegato il presidente della Sfirs, Paolo Sestu. La Regione propone di investire subito, attraverso la Sfirs, 10 milioni di euro per smaltire 30mila quintali totali di eccedenze di pecorino ferme nei depositi. «Questo – ha aggiunto Sestu – per portare su il prezzo del pecorino e quindi del latte». Dieci milioni che si aggiungerebbero ad altri 10 milioni del Banco di Sardegna per ritirare dal mercato altri ventimila quintali. «Noi come banca sosteniamo la filiera, facciamo il nostro lavoro», ha detto il direttore del Banco di Sardegna Giuseppe Cuccurese. «Abbiamo messo a disposizione ulteriori risorse», ha aggiunto l’assessore Caria, che ha illustrato l’altro capitolo sul quale la giunta regionale sta ragionando. Ossia, che il prezzo del latte d’ora in avanti sia legato al valore del pecorino calcolato sulle quotazioni della Camera di commercio di Milano. Due interventi, il primo per arginare l’emergenza, il secondo di tipo strutturale, che servirebbero a far rialzare il prezzo.