E’ un Matteo Salvini particolarmente nervoso quello che ieri dà avvio alla settimana politica. «Se la nave Sea Watch raccogliesse immigrati in acque libiche o maltesi e volesse venire in Italia la bloccheremmo con tutte le modalità legali che abbiamo a disposizione», avverte verso l’ora di pranzo rivolgendosi anche «ai nostalgici dei porti aperti presenti in parlamento».

A irritare il ministro degli Interni è la notizia che, dopo settimane di sosta nel porto di Marsiglia, la nave della ong tedesca ha ripreso il mare e sta facendo rotta verso le acque internazionali di fronte alla Libia. Come se non bastasse da Agrigento arriva la notizia che la procura di Agrigento non ha confermato il sequestro preventivo della nave Mare Jonio – che nei giorni scorsi ha salvato un gruppo di migranti – optando invece per un sequestro probatorio utile ai magistrati per l’accertamento di eventuali reati. Ha quindi sempre più l’aria di un’arma spuntata la frase che Salvini pronuncia a metà giornata: «Io tutelo l’ordine pubblico e me ne prendo gli onori e gli oneri, quindi chi entra in Italia deve avere il mio permesso», dice. Frase che il ministro va ripetendo come un mantra da mesi ma che ormai sembra non avere più la stessa efficacia, come dimostrano i 200 migranti sbarcati nel fine settimana dopo essere stati salvati dalla nave di una ong, ma anche della Marina militare.

A rendere le cose più complicate per il ministro leghista c’è poi il fatto che quello del contrasto all’immigrazione è una fronte che Salvini ha aperto anche all’interno della sua stessa maggioranza. Con Luigi Di Maio che lo punzecchia definendo come «un segno della disperazione» il decreto sicurezza-bis annunciato venerdì dal titolare del Viminale e promettendo battaglia in consiglio dei ministri. Uno scenario impensabile solo fino a qualche settimana fa.

A fare da contraltare agli avvertimenti minacciosi di Salvini c’è la presenza in mare delle navi delle ong, che non rinunciano al proprio compito di ricerca e salvataggio dei migranti in fuga dalla Libia.«In queste ore siamo l’unica nave civile di soccorso in un Mediterraneo centrale che grida aiuto», ha scritto ieri Sea Watch denunciando come, oltre al naufragio di 70 migranti avvenuto nei giorni scorsi, «altre 240 persone sono state in Libia, anche attraverso l’impiego di velivoli militari delle missioni Ue». Domenica Moonbird, l’aereo che coadiuva la nave Sea Watch 3 nelle operazioni di soccorso, ha reso noto di aver visto migranti buttarsi in acque e provare a fuggire a nuoto all’arrivo di una motovedetta libica che voleva riportarli in Libia. Un esempio dei drammi che si consumano tutti i giorni in mare. «L’Europa sta lasciando annegare le persone come deterrente per coloro che rimangono intrappolati i Libia nei campi di detenzione in condizioni disumane e che non possono far altro che scegliere tra tortura e morte», ha denunciato Philip Hahn, capomissione della Sea Watch 3.

Intanto la decisione della procura di Agrigento di non convalidare il sequestro preventivo della nave Mare Jonio e di emettere un nuovo provvedimento di sequestro probatorio, è stata definita «importante» da Mediterranea, la piattaforma alla quale la nave fa riferimento, per la quale la scelta dei pm «è orientata dalla necessità di accertare i fatti e dunque di verificare attraverso un’indagine se vi sia o meno un reato. Come sempre – conclude l’ong – noi siamo pronti a fornire ogni elemento utile per accertare la verità».