L’Italia è sull’orlo di uno scontro istituzionale inaudito. Seguito, se Conte rinuncerà e bisognerà tornare alle urne, dalla campagna elettorale più destabilizzante della storia repubblicana.

Nella notte Di Maio ha avviato un ultimo tentativo di mediazione col Quirinale: una presa di posizione ufficiale di Paolo Savona di taglio europeista e non ostile a Berlino. Il Quirinale starebbe valutando l’ipotesi.

SE IL POLLICE resterà verso, oggi il presidente incaricato dovrebbe portare a Mattarella la lista dei ministri, con gli Esteri, assegnati al diplomatico Luca Giansanti e alla casella dell’Economia il nome di Paolo Savona. In caso di accordo con il Quirinale, però, l’intera lista potrebbe cambiare, con il ritorno di Massolo agli Esteri e di Moavero ale Politiche comunitarie. Ma senza quell’accordo il capo dello Stato non firmerà la nomina di Savona. Conte rimetterà a quel punto l’incarico e si tornerà all’ipotesi del governo del presidente per gestire nuove elezioni in autunno o in primavera.

IERI I PARTITI della virtuale maggioranza e il Quirinale, di fatto contendenti impegnati in un duello all’ultimo sangue, non si sono spostati di un centimetro. Dopo aver riunito in via Bellerio i vertici della Lega, Salvini ha confermato la linea dura, senza sorprendere nessuno: «Già stasera daremo al presidente del consiglio i nomi dei ministri della Lega. Non ci saranno passi indietro: li abbiamo già fatti». Quando gli chiedono se non tema una frattura col Quirinale, il leader leghista risponde illustrando quella che sarà la linea del Carroccio nei prossimi giorni e poi, se del caso, nella campagna elettorale: «L’unico rischio che vedo è un’ulteriore frattura tra i palazzi del potere e gli italiani». Se salterà tutto, la Lega di sicuro non esiterà ad accusare pubblicamente il presidente, ogni giorno, in modo sempre più martellante, di essersi fatto esecutore della volontà di Berlino e Bruxelles. La stampa estera non aiuta certo il presidente italiano. Lo sciagurato e volgarissimo articolo di Der Spiegel contro gli italiani «scrocconi e ingrati» è stato manna dal cielo per Salvini che non ha esitato a impugnarlo su Fb: «E noi dovremmo scegliere un ministro dell’Economia che vada bene a loro? No grazie». Una postazione ad alto tasso di rendita nella eventuale campagna elettorale.

I 5S SONO DI FATTO obbligati a schierarsi senza distinguo sulla linea dura del Carroccio. Qualcuno, come il presidente della Camera Roberto Fico, preferirebbe probabilmente una linea meno drastica. Non a caso le sue parole sono state le sole prudenti. A tutti sarebbe andata benissimo la sostituzione di Savona con Giorgetti. Ma ormai tirarsi indietro non è possibile, e neppure fare la figura di chi, alla prova dei fatti, accetta imposizioni e vincoli dettati da Berlino e Bruxelles. Tanto più che all’interno del Movimento i duri sono su una linea identica a quella della Lega. Di Battista, ieri, è stato tassativo quanto e più di Salvini: «Porre veti sul ministro dell’Economia è assolutamente inaccettabile. Il ministro più importante del governo deve essere rappresentante della maggioranza politica. Mattarella ha accettato senza batter ciglio Alfano agli Esteri ma si oppone a un uomo di grande valore come Savona». Salvini incassa anche la solidarietà di Giorgia Meloni dall’esterno della maggioranza: «Su Savona siamo con la Lega. No alle ingerenze del Colle» e quelle di Steve Bannon, mentre le opposizioni di sinistra, con la sola eccezione di Stefano Fassina, fanno quadrato intorno al Colle.

IL RUOLO PIÙ delicato spetterà al «presidente per caso» Giuseppe Conte, legittimato ieri, dopo gli attacchi del New York Times, da una telefonata del presidente francese Macron.

L’incaricato cercherà di convincere Mattarella ad accettare Savona, facendosi personalmente garante della fedeltà del governo all’euro. Se non ci riuscirà, però, sarà lui a dover scegliere.

Se si assumerà la responsabilità, come si augura il Colle, di sostituire il nome di Savona con quello di Giorgetti sfidando la Lega a negare la fiducia, trarrà il Colle fuori da una situazione di estremo imbarazzo. La “colpa” dell’aver reso inevitabili nuove elezioni sarà infatti del Carroccio.

MA SE INVECE Conte terrà fede all’accordo con i partiti di maggioranza e rimetterà il mandato spiegando il fallimento con il veto del Quirinale su Savona, saranno Lega e M5S ad aprire il fuoco ad alzo zero chiedendo al capo dello Stato di motivare ufficialmente il suo veto. Uno scenario da guerra istituzionale totale.