Corre lungo i binari della linea ferrata Palermo-Trapani e da qui lungo la statale che lo porta ad Agrigento la propaganda di Matteo Salvini. Una tappa elettorale in Sicilia, tra cinque giorni al voto per le regionali, per portare all’incasso quanto più possibile dopo l’addio alla parola «nord» nel simbolo della Lega, con buona pace del patriarca Umberto Bossi e degli ortodossi della repubblica padana. Perché «Bossi che mi dice ’che te frega della Sicilia, della Calabria’ sbaglia», avverte il leader del Carroccio: «La linea Trapani-Agrigento è come fosse la Milano-Como» e «oggi con un nome che unifica e valorizza potrebbe essere più facile» avere risposte positive al Sud, ragiona Salvini. Secondo cui per il nord leghista, «per Brescia o Vicenza non cambia nulla».

Ce la mette tutta Matteo il leghista, mentre i pendolari siciliani lo osservano a bordo del treno: Salvini ammicca ai 5 Stelle, accende il calumet aspettando l’arrivo di Silvio Berlusconi col quale potrebbe incrociarsi a Catania dopodomani («Ma che facciamo, due comizi separati? Se c’è una piazza comune è meglio…»); sberleffa il ministro Angelino Alfano che da queste parti è di casa, pungola Matteo Renzi e si smarca dagli “impresentabili” delle liste di Forza Italia, con cui però è alleato nel sostegno a Nello Musumeci. Uno show tra selfie e dirette Facebook. E via con slogan, invettive e proclami mentre scende dal treno per prendere il bus che lo porta ad Agrigento, regno del suo alleato Totò Cuffaro che con i suoi appoggia Nello Musumeci: come se Salvini si fosse svegliato ieri e avesse scoperto solo adesso che nell’isola si viaggia spesso su binario unico e l’alta velocità è fantascienza.

Ma non importa. In campagna elettorale, tutto è lecito. E se il new deal del “terrone” Salvini esclude «alleanze a livello nazionale e locale con Renzi, Alfano, Gentiloni, Bersani» è pur vero che «se dovessi telefonare a qualcuno» per un governo «non lo farei né a Renzi né a Alfano». E a chi, aM5S? «Il Movimento 5 Stelle si deve mettere d’accordo con se stesso». Un endorsement? Non proprio. «Parlerei con i 5 Stelle se fossero più coerenti, ieri hanno anche aperto sullo ius soli…», insiste il   leghista. Se son rose fioriranno.

Ammiccamenti non graditi, almeno per ora, a pochi giorni dal voto sull’isola. Il leader grillino Luigi Di Maio mostra insofferenza. «Dopo quello che ha fatto Salvini sul Rosatellum, dando la fiducia al governo Gentiloni dopo avercela menata per anni, è una persona non solo inaffidabile ma che si vende per qualche poltrona». Per il capo politico dei pentastellati «lui vuole fare il nuovo, ma se il governo Gentiloni farà una manovra che non aiuta giovani e famiglie sarà anche colpa sua». E chiude: «Io con gente come questa non voglio avere nulla a che fare». Sarà vero?

Alfano, bersaglio preferito del Matteo leghista, se la ride. «Salvini, lo stesso che voleva i tram per i milanesi, vuole i voti del Sud, della Sicilia, per difendere gli interessi del nord. Questa è la verità. E poi dice: ’eventualmente chiamo Grillo a governare se vinciamo a livello nazionale’. E mi viene da rispondere in siciliano: nuddu si pighia, se non s’assumighia (nessuno si prende, se non si assomiglia) perché rappresentano lo stesso tipo di estremismo con cui noi non vogliamo avere nulla a che fare».

Salvini incassa? Manco per niente. «Alfano? Se fossi siciliano proverei vergogna perché è siciliano: è un ministro inutile che non ha fatto nulla per la sua terra», gongola per l’assist del ministro che non ha mai brillato nella sua Agrigento per quantità di consensi.