Fra i tanti elementi usciti fuori dalle urne a comporre un rebus di difficilissima soluzione, almeno uno che invece ha fatto tirare al capo dello Stato un sospiro di sollievo forse c’è. La doppia vittoria di M5S e Lega impedisce il formarsi di un’alleanza di governo, altrimenti possibile e forse probabile, tra i due partiti. E’ lecito immaginare che tra le vie d’uscita possibili dal labirinto questa fosse la più sgradita per il Colle. Di altri sprazzi di luce però non se ne vedono. Il Quirinale è in contatto certamente con la Lega, tramite il «diplomatico» Giorgetti e con M5S, in quella tela di relazioni costruite nelle ultime settimane che Di Maio rende di giorno in giorno più fitta allargandosi in dichiarazioni entusiaste nei confronti di Sergio Mattarella.

SARÀ UNA PARTITA LUNGA e non è ancora il momento di ipotizzare possibili soluzioni. Questo è il momento invece di uno scambio di informazioni cifrate. Vanno intese in questo senso le sibilline parole di Salvini che parla di «raccogliere la sinistra che guarda alla Lega». Difficile credere che immagini di strappare decine di voti dai banchi del Pd. Ma quelle parole sono più che sufficienti per far intendere che, dietro le dichiarazioni d’ordinanza rocciose, il capo della Lega sa perfettamente di dover concedere qualcosa, se vuole davvero prima provare a comporre una maggioranza e poi, se non ci riuscirà, restare comunque al centro della scena.

Il Quirinale aspetta probabilmente che segnali di questo tipo si accumulino, in parte al momento di eleggere i presidenti delle Camere e ancor di più nel corso delle consultazioni. Sia Di Maio che Salvini non potranno infatti limitarsi a chiedere di governare, senza maggioranza. Dovranno scoprire le loro carte, chiarire sino a che punto sono disposti a mediare, cosa sono disposti a concedere. Dovranno uscire dalla retorica della campagna elettorale, che non permette vie d’uscita diverse da un immediato ritorno alle urne, e solo a quel punto il presidente avrà una visione sufficientemente chiara e completa per mettere a punto una strategia.

PRIMA ANCORA CI SARÀ l’elezione dei presidenti della Camere. Sarà anche quello un test fondamentale per capire le possibili convergenze tra forze politiche che per ora non aprono spiragli. Quella prova andrà però presa con le pinze perché nessuno nei palazzi della politica ha dimenticato il 2013, quando i presidenti furono nominati in vista di una possibile soluzione e si arrivò invece a una formula di governo opposta, con un accordo Pd-Fi invece che Pd-M5S

Il quesito determinante per verificare le possibilità reali di scommettere su una legislatura non lampo riguarda però la disponibilità dei due vincitori, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, a fare un passo indietro. Entrambi proveranno a formare una maggioranza, ma le chances che ce la facciano sono vicine allo zero. La destra si presenterà unita sul Colle. Tutti sosterranno Salvini. Ma un Berlusconi molto più contrariato dal sorpasso di quanto non voglia far apparire, quello che ancora ieri ricordava a tutti che lui è «il regista», se non silurerà neppure si spenderà più che tanto. Riuscire a trovare i numeri che il centrodestra non ha né alla Camera né al Senato è una missione che in prima battuta spetterà solo al leghista portare a termine, e se non si tratta di una mission impossible ci manca molto poco.

SULLA CARTA DI MAIO ha qualche carta in più: un Pd terrorizzato da elezioni a breve potrebbe offrire un appoggio prezioso. Solo che nelle condizioni date sarebbe una mossa suicida: per ovviare al problemino le aperture e le concessioni di Di Maio e del Movimento 5 Stelle dovrebbero essere ben più generose del previsto.
In entrambi i casi, dopo l’eventuale fallimento, i leader della Lega e di M5S dovrebbero fare un passo indietro per riaprire la partita. Silvio Berlusconi non vede l’ora che Salvini debba sorbirsi quel calice amaro. Per Di Maio potrebbe trattarsi della sola via per superare le resistenze non solo di Matteo Renzi ma di una parte determinante del Pd.

Sulla base di quella eventuale disponibilità a ritirarsi per tentare di dar vita a una maggioranza politica Mattarella deciderà alla fine del primo giro, se sarà andato a vuoto, cosa fare per evitare di tornare alle urne in tempi strettissimi.