I venti di guerra che soffiano sempre più forti dalla Siria si trasformano in Italia nell’ennesimo scontro politico tra Lega e Pd, con la prima decisamente contraria a un intervento militare e il secondo deciso a non prendere le distanze da Stati uniti, Francia e Gran Bretagna, i più decisi per un intervento contro Bashar Assad. In mezzo il leader pentastellato Luigi Di Maio, che pur confermando l’alleanza con Washington, sollecita un intervento della diplomazia che scongiuri la possibilità di una nuova guerra.

Ieri al Senato tutti i gruppi hanno chiesto al governo di intervenire in parlamento per chiarire che posizione assumerà l’Italia nel caso, sempre più probabile, la situazione dovesse precipitare in seguito a un attacco statunitense e alla conseguente risposta della Russia. Un motivo di difficoltà in più, nonché di imbarazzo, per il premier Paolo Gentiloni in carica solo per gli affari correnti e di certo non in grado di assumere decisioni così gravose senza aver preventivamente consultato il parlamento. Ragione per cui Matteo Salvini preferisce anticipare fin da subito la posizione del Carroccio fino al punto di mettere in dubbio anche l’attacco chimico su Duma. «Chiedo al presidente Gentiloni una presa di posizione netta dell’Italia contro ogni ulteriore e disastroso intervento militare in Siria», dice il leader della Lega. Per poi aggiungere: «Non vorrei che motivi economici, esigenze di potere o il presunto utilizzo mai provato di armi chimiche mai trovate in passato scatenassero un conflitto che può diventare pericolosissimo».

Parole che non piacciono al Nazareno e che suscitano la reazione di Maurizio Martina: «Salvini vuole cambiare le alleanze internazionali del nostro Paese? Se è così lo dica chiaramente», dice il segretario reggente, mentre il sottosegretario agli Esteri Antonello Amendola (Pd) anticipa la posizione del governo: «A chi, come Matteo Salvini, chiede strumentalmente una presa di posizione contro interventi militari dell’Occidente in Siria, ricordiamo che l’Italia ha sempre condannato nella maniera più ferma qualsiasi utilizzo di armi chimiche. Posto questo, il governo è a fianco dei tradizionali alleati del nostro Paese: Stati Uniti, Francia e Regno Unito».

Le cose, però, potrebbero non essere così automatiche come dice Amendola. E’ a dir poco difficile che un governo senza pieni poteri possa decidere se coinvolgere o meno il Paese in un eventuale conflitto le cui conseguenze difficilmente risparmierebbero l’Italia. Non solo: l’utilizzo delle basi americane in territorio italiano per azioni di guerra è possibile solo previa autorizzazione del governo che dovrebbe a sua volta ottenere il via libera dalla commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.

Accadde così anche per l’intervento in Libia del 2011, per il quale l’allora governo Berlusconi ottenne i voti anche senza la Lega di Bossi che si astenne e grazie al voto favorevole del Pd.

Voti che oggi l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni difficilmente troverebbe. Oltre che a Salvini, la possibilità non sembra piacere neanche a Luigi Di Maio. «Spero che non si arrivi a che ci chiedano l’uso della basi per bombardare la Siria», ha detto ieri sera il leader pentastellato a Porta a Porta. «E’ utile come alleati trovare una soluzione che non preveda i bombardamenti» chiedendo anche «un’inchiesta dettagliata per avere un quadro» sull’uso della armi chimiche da parte di Assad. Decisamente contraria, infine, Forza Italia, con il senatore Paolo Romani che invita il centrodestra ad alzare la voce «sull’assurda minaccia di rappresaglia rispetto al presunto utilizzo di armi chimiche in Siria e chieda al governo di dissociarsi da tali inopportune eventuali azioni».