150 anni fa grazie alla geniale intuizione dell’ imprenditore Pasquale Revoltella si apriva il canale di Suez ed il ruolo di Trieste veniva valorizzato dalla posizione geostrategica che la città ed il porto occupavano nell’Adriatico.
Oggi Trieste e la regione Friuli Venezia Giulia si trovano a dover scegliere tra 320 km di filo spinato o tra 320mila m2 di sviluppo portuale ed infrastrutturale nell’area ex Total delle Noghere. Assente il leader ungherese Viktor Orbán l’ attenzione principale dei media si è così focalizzata sull’ accordo con cui il Ministro degli Affari Esteri e del Commercio di Ungheria Péter Szijjártó ha confermato il proprio interesse per una presenza permanente in città affiancandosi a due aziende, Teseco e Seastock, per realizzare, attraverso una società pubblica ungherese, un Terminal multipurpose per l’ import export della repubblica magiara, che prevede un investimento complessivo di 100 milioni di euro. Un evento positivo che porterebbe , oltre a nuova occupazionem al recupero ambientale e produttivo di un’ area industriale oggi degradata.
Il ministro Matteo Salvini però, che anche in questo caso ha preso il posto del ministro direttamente competente Toninelli, uscendo alle 13 dalla Prefettura, ad accordo firmato ha però ribadit, davanti ad una piccola platea plaudente soprattutto il tema che gli sta a cuore quello di voler «coniugare economia e legalità», di «combattere la mafia e le organizzazioni criminali che si annidano nei porti» e soprattutto di voler sigillare i confini «ad ogni costo». Tra i temi caldi della visita anche la questione dell’arrivo di migranti sulla rotta balcanica. «Stiamo controllando i confini via mare, vogliamo controllare anche quelli via terra con ogni mezzo possibile», ha detto il ministro.Ignorando come tale manifestazione di volontà sia non solo in antitesi con Schengen, perfino con le logiche del libero mercato, con ogni ragionevole opzione politica di sviluppo e di convivenza civile in un’area che di confini ne ha visti anche troppi e che quindi è soprattutto improponibile e antistorica.

E contro questa logica si sono svolte tante iniziative di protesta. Trieste ieri era blindata. Mentre Piazza Unità d’Italia era presidiata per l’arrivo dei ministri dell’Interno italiano, Matteo Salvini, e degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, a oltre un chilometro di distanza, in piazza Libertà, è cominciata la prima manifestazione di protesta, quella organizzata dalla rete Trieste ‘Antifascista, Antirazzista e Antisessista’. Centinaia di manifestanti hanno attuato un presidio per chiedere che non vengano eretti muri o create barriere al confine tra Italia e Slovenia. In piazza Unità erano presenti numerosi mezzi e auto di polizia e carabinieri e, nelle acque antistanti, vigilavano un paio di motovedette.

Poi è scesa in piazza un’altra manifestazione al valico di Rabuiese con la repubblica di Slovenia , organizzata da Cgil, Cisl e Uil con altre centinaia di persone tra cui il sindacato SSK90, il sindacato carsico costiero sloveno, il cui segretario, Peter Majcen presente con molti delegati sindacali, ha protestato contro la sciagurata iniziativa del governo italiano di prospettare un Muro tra Italia e Slovenia. La scarsa sensibilità di chi vorrebbe far riaffiorare fantasmi e tensioni di un tempo passato è però oggi la linea politica della destra al governo di città e Regione. «I Confini Uccidono» recava scritto uno striscione portato da uno studente. Infine in Porto, a fronte di questo intervento economico strategico, una assemblea permanente dei portuali si è confrontata per discutere del Contratto nazionale strappato dopo tanti silenziosi ritardi e per sollecitare più avanzate politiche a tutela del lavoro. Altro che muri.