Ossessione Lamorgese. Nervosismo Durigon. Draghi chiama Salvini a palazzo Chigi, l’incontro a fine mattinata dura pochi minuti. La nota di palazzo Chigi informa che i due hanno parlato dei «temi legati alla ripresa dell’attività di governo». La Lega allarga il campo: avrebbero discusso anche di Afghanistan «e potenziali ricadute sul nostro paese» – cioè dei profughi – nonché di «riforme, giustizia, taglio della burocrazia e tasse». Tutto in gran velocità. Ufficialmente, dunque, sarebbero rimasti fuori gli unici due argomenti davvero urgenti: gli attacchi di Salvini alla ministra dell’interno, che per Draghi devono finire, e il caso del sottosegretario leghista apologeta di Mussolini, che il capo leghista sta provando ancora a difendere. Non è così, naturalmente.

L’intervento di Draghi, però, non porta frutti dal momento che nel pomeriggio Salvini torna con più foga ad attaccare la donna che dopo di lui ha preso la responsabilità del Viminale. Se al mattino il leghista aveva scatenato twitter, interrompendo la sequenza alimentare per raccontare di un paese in preda ai lanzichenecchi – «rave party con morti e feriti che durano giorni, orde di baby gang che terrorizzano da tempo la riviera romagnola e non solo, dopo navi francesi e tedesche, oggi una nave con bandiera norvegese lascerà 322 immigrati in Italia. Lamorgese, dove sei? – venuto via da palazzo Chigi insiste con il collegamento tra il Covid soccorsi in mare: «Non si può chiedere il Green pass per andare al bar e intanto permettere l’arrivo di decine di migliaia di persone. I numeri bocciano la ministra, non sta facendo il suo lavoro». Ma non basta, perché Salvini una cosa ha immediatamente ottenuto dalla visita di due giorni a Berlusconi in Costa Smeralda: lo intervistano in sequenza tutti e tre i Tg di Mediaset. E così lui può annunciare che la Lega «chiamerà formalmente Lamorgese in parlamento per riferire su quello che sta facendo». E intanto il deputato di Lamezia Furgiuele, legato a Durigon, prepara un’interrogazione alla ministra sulla «invasione della Calabria». Potrebbe essere solo il primo passo, perché contro la ministra dell’interno Fratelli d’Italia sta pensando a una mozione di sfiducia individuale, l’argomento ancora il rave party nella Tuscia. La mossa potrebbe tornare utile anche a Salvini, che certo non potrebbe schierare tutta la Lega contro il governo ma avrebbe una moneta di scambio per affrontare la mozione che Pd, Leu e 5 Stelle confermano di voler presentare alla ripresa contro Durigon.

In questo caso si tratta di una mozione di censura, perché rimuovere il sottosegretario – ancora al suo posto tre settimane dopo aver detto di voler recuperare la dedica ad Arnaldo Mussolini del parco di Latina oggi intitolato a Falcone e Borsellino – è solo responsabilità di Draghi.

Salvini cerca di allontanare il problema ma è costretto a parlarne. Assicura che con Durigon «stiamo lavorando alla riforma delle pensioni» e che Draghi «non ha tempo di pensare ai parchi di Latina». Ma comincia a dire che «la sinistra può sfiduciare chi vuole». Durigon in realtà, come informa il suo amico e senatore di Forza Italia Francesco Giro che lo difende sentendo puzza di bruciato, sta lavorando alle liste per il comune di Roma. Ma andato via Salvini da palazzo Chigi, Draghi chiama nel suo ufficio il ministro Giorgetti, leader dell’ala della Lega che è prontissima a sacrificare Durigon (non per nulla gli uomini di Durigon hanno attaccato frontalmente Giorgetti nelle scorse settimane). Il presidente del Consiglio sa che tocca a lui prendere una decisione sul sottosegretario. E che non può più rimandare.