Le comparsate del ministro degli interni in Calabria hanno una trama consolidata. Sono a cadenza quasi mensile. D’altronde, Salvini è senatore eletto in questa regione e il suo staff tiene molto alla propaganda. Stavolta non c’è, però, la passerella nei ghetti per migranti ma un altro must: il rilascio di un bene confiscato alla ‘ndrangheta. E così il ministro giunge di buon mattino a Platì. Dice che «dove c’è fame di lavoro la ‘ndrangheta cresce». Ma non una parola sulle infiltrazioni delle cosche nelle politica, anche nel suo partito. Si limita a tagliare il nastro e a consegnare alla diocesi di Locri-Gerace il bene confiscato.

Il palazzo era di proprietà di Francesco Barbaro detto «u castanu». Alla cerimonia partecipano il vescovo, il direttore dell’Agenzia nazionale beni confiscati e il prefetto di Reggio Calabria, ancora al suo posto nonostante la gestione fallimentare della favela di San Ferdinando. Silenzio del ministro sulle polemiche circa la nuova legge in tema di confisca di beni, fortemente contestata da Libera e dalle altre associazioni antimafia. Pioggia di selfie per il ministro che, dopo il taglio del nastro e la visita nello stabile confiscato, si concede immancabilmente ai tanti piccoli allievi della scuola elementare di Platì, giunti con le loro insegnanti, impugnando bandierine tricolori, per le foto con gli smartphone. Fin qui tutto bene e il ghigno del ministro è brillante per la sua consueta diretta facebook. Poi il sorriso e l’umore cambiano quando arriva a Catanzaro. Già in mattinata dovevano averlo avvertito che i balconi della città erano tappezzati da striscioni non proprio di benvenuto. Ma il confronto tra le piazze contrapposte gli fa passare il buon umore. Da una parte un palco colmo solo di transfughi della destra e una piazza con poca gente per lo più galoppini e vecchi arnesi saliti sul carro del vincitore. A poche centinaia l’altra piazza, resistente, democratica, antifascista e antirazzista. Gli gridano per tutto il comizio: «Buffone, buffone», «Odio la lega» e le note di Bella Ciao risuonano insistenti. Sono molti di più dei trasformisti in camicia verde.

La contestazione è promossa dal sindacato di base Usb, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Anpi. La protesta è talmente riuscita che il deputato della Lega e segretario regionale calabrese Domenico Furgiuele, a un certo punto, afferra il microfono e risponde stizzito con un «andate a lavorare». Anche Salvini è nervoso. All’inizio del suo intervento si rivolge così ai manifestanti: «Sento delle zanzare, delle mosche, andate a trovare Oliverio… Anche per questo al governo ci stiamo occupando di educazione e regole, e comunque queste cose non mi fanno paura nemmeno un po’. No a 50 sfigati dei centri sociali». Poi dopo una mezzora di noioso comizio, irritato, lascia il palco gridando «hasta la victoria siempre» ai manifestanti, invita la gente ad avvicinarsi per le foto e conclude dicendo che «visto come va il Milan quest’anno, meglio tifare Catanzaro». Gattuso, l’allenatore del Milan, calabrese pure lui e un tempo amico del ministro (ora non più) non l’avrà certo presa bene. Ma oggi i nervi del ministro erano a fior di pelle.