Ormai Matteo Salvini è pronto per entrare nel Guinness dei primati visto che in meno di quattro giorni con le sue parole è riuscito a provocare la reazione infastidita di due Stati. Dopo la Tunisia, bollata come un Paese «che esporta galeotti» con conseguente convocazione dell’ambasciatore italiano a Tunisi, ieri nel mirino del ministro degli Interni è finita Malta: «Il buon Dio l’ha messa più vicina alla Sicilia, non è possibile che risponda ’No’ a qualsiasi richiesta di intervento», è l’accusa.

Il riferimento è al rifiuto opposto spessissimo dalla piccola isola – che ha tutte le caratteristiche per essere considerata un «porto sicuro» come richiesto dalla convenzione di Amburgo – di far sbarcare i migranti tratti in salvo nel Mediterraneo. Fatto vero, con cui tutti i governi italiani hanno dovuto fare i conti e che ha contribuito a far crescere il numero degli sbarchi nel nostro Paese. E oggetto di qualche discussione anche in seno all’Unione europea. Ma dette così, in una conferenza stampa nella prefettura di Como dove Salvini si è recato ieri per incontrare i due autisti di autobus aggrediti nei giorni scorsi da un gruppo di stranieri, le parole del ministro provocano la reazione della Valletta. Malta «nega di non dare assistenza ai migranti» riferisce in serata una nota nella quale si sottolinea il rispetto «di tutti gli obblighi in ogni momento» compresi quelli «per le convenzioni internazionali» sulla sicurezza in mare.

Malta rappresenta comunque solo una parentesi nel fiume di parole con cui il ministro degli Interni si prende ogni giorno la scena. Anche ieri oggetto delle esternazioni sono stati i migranti per fermare i quali Salvini ha chiesto l’intervento della Nato nel Mediterraneo. «Siamo sotto attacco e chiediamo alla Nato di difenderci», ha detto. «L’Italia non è attaccata da est ma da sud, il problema non è l’invasione dei carri armati della Russia ma proviene dalla Libia e dalla Tunisia. Ricordo gli allarmi di infiltrazioni terroristiche a tutti gli ingressi». Una richiesta che Salvini spiega di aver detto al premier Giuseppe Conte di far presente anche in Canada nel corso del G7.

Non si tratta di una novità. Con la missione Sea Guardian, della quale fa parte anche l’Italia (da aprile partecipa alle operazioni la fregata Espero), la Nato e già presente nel Mediterraneo con navi, aerei e sottomarini in sinergia con la missione europea Sophia e in coordinamento con la Guardia costiera italiana in operazioni di contrasto al terrorismo e al traffico di armi. Ma anche a quello di uomini, attività nella quale è impegnata nel mar Egeo. Un coinvolgimento maggiore dell’Alleanza – soprattutto in funzione anti-terrorismo – era stato richiesto a novembre scorso anche dall’ex premier Paolo Gentiloni intervenendo a un seminario del gruppo speciale su Mediterraneo a Medio oriente organizzato proprio dal Patto atlantico. Del resto lo stesso segretario generale Jens Stoltenberg si è detto pronto ad aiutare l’Europa nel gestire le migrazioni, al punto che ad agosto dell’anno scorso si arrivò a parlare dell’apertura di hub nella base di Napoli.

Tutte cose che al ministero della Difesa conoscono bene (anche se la ministra Trenta non si è sottratta al coro di quanti chiedono l’intervento). E lo stesso al Viminale. Quello che Salvini non dice è però come dovrebbero essere impiegati i mezzi dell’Alleanza, visto che di respingimenti in mare – non se ne parla e che i migranti dovrebbero comunque trovare un porto in cui scendere.

Tutto cose che faranno probabilmente parte delle nuove politiche europee sull’immigrazione promesse dal fronte anti-migranti che va dall’ungherese Orbán a Salvini. Che intanto ieri per fortuna ha permesso l’attracco nel porto di Reggio Calabria a una nave della Ong Sea Watch con a bordo 232 migranti. Cosa che non gli ha impedito di tornare ad attacca le organizzazioni umanitarie: «Stiamo lavorando sul fronte di queste ong, alcune delle quali fanno volontariato, altre fanno affari», ha detto.