Il senato lavorerà come se non ci fosse la pandemia. Tra una settimana tutte le commissioni si riuniranno per dare il loro parere sui decreti per l’emergenza, l’aula farà un esame completo del testo votandolo, orientativamente, l’8 aprile. Ovviamente se non ci sarà convergenza con le opposizioni il governo metterà la fiducia per bloccare emendamenti e discussione. Anche questa è normalità.

Finita immediatamente la tregua politica, i partiti e la presidente Casellati hanno affrontato per oltre tre ore in conferenza dei capigruppo – riunita nell’aula del senato per aumentar e le distanze – il problema di assicurare un percorso parlamentare ai decreti con i quali il governo sta affrontando l’emergenza coronavirus. Anzi a un unico decretone perché l’ultimo, battezzato Cura Italia, assorbirà i precedenti su aiuti alle famiglie, servizio sanitario e giustizia. Le camere, ferma da una settimana e convocate tra un’altra, devono tornare a lavorare. Lo dicono tutti, ma le esigenze di tutela dei parlamentari e le umanissime paure rendono l’auspicio difficilmente realizzabile. Ieri nell’aula della camera erano previste solo comunicazioni formali, il fatto che ci fossero appena 12 deputati non è strano, ma certo non testimonia una volontà fermissima di ripresa.

Al senato la maggioranza ha proposto di concentrare l’esame del maxi provvedimento – i quattro decreti insieme arrivano a quasi 200 articoli – in commissione bilancio, esplorando la possibilità di convocarla in sede redigente (l’aula avrebbe votato solo gli articoli e il testo finale, senza emendamenti). La contrarietà della Lega ha bloccato tutto. «Ostruzionismo deleterio» ha detto il capogruppo del Pd Marcucci a fine riunione. Bisognerà convocare l’aula altri due giorni (25 e 26 marzo) per votare anche sul calendario.

Senza unanimità i regolamento del senato non consente scorciatoie, per quanto pericolosa possa essere la presenza dei senatori a palazzo Madama (la bilancio si riunirà nell’aula). Ieri Salvini ha riarmato la propaganda, definendo il decretone uno «svuota carceri» e giurando che la Lega non lo voterà mai se non sarà cambiato. «Ampiamente modificato», ha detto Berlusconi, che invece come Meloni si concentra su autonomi e imprese. E proprio Salvini che adesso invoca il coprifuoco – e ha cancellato i post in cui chiedeva di lasciare aperti bar e ristoranti – pretende una convocazione immediata di camera e senato e la presenza in aula dello stesso presidente del Consiglio. L’esame completo del provvedimento in aula consentirà di accendere qualche riflettore, e nell’aula del senato siede proprio Salvini.

Se il centrodestra unito deciderà di fare sul serio l’opposizione, o anche solo di non votare alla fine la conversione del decretone, la maggioranza – già tormentata all’interno da chi chiede modifiche (la relatrice del provvedimento sarà una renziana) – sarà costretta a venire a patti. Perché la auto riduzione delle presenze con la quale è stato votato lo scostamento di bilancio non è ripetibile su un provvedimento che deve passare a maggioranza. Ma è chiaro che Salvini sta cercando di far pesare al massimo il suo sì. Un azzardo che farà i conti con il progredire del contagio e delle quarantene: proprio la Lega ha molti senatori eletti al nord, nelle zone più colpite dall’epidemia