Vincenzo Bianconi piange. E non è una metafora. Il candidato del «patto civico» umbro tra Pd, M5S e Leu si è commosso davanti ai cronisti, mentre commentava la disfatta elettorale: la candidata della destra Donatella Tesei ha chiuso al 57%, venti punti secchi sopra di lui. Non c’è stata partita: il sospetto che l’onda nera leghista si stesse abbattendo sopra la (ex) regione rossa ha cominciato a concretizzarsi già nella mattinata di domenica, quando i dati diffusi dalle prefetture segnavano un aumento dell’affluenza rispetto a 5 anni fa. Poteva voler dire due cose: una rimonta del centrosinistra demostellato oppure una clamorosa scoppola in arrivo. Era la seconda, ovviamente.

Bianconi, nella lunga notte della disfatta, si è lasciato sfuggire qualche lacrima, e più che quella del politico sconfitto aveva l’aria del calciatore che aveva sbagliato il rigore in una partita importante. Le lacrime sono scese sulle guance del candidato quando ha citato i figli e «il coraggio di lottare anche quando si hanno poche possibilità di vincere». Un messaggio che denota sicuramente grande spirito sportivo – al contrario della sua sfidante, che ha accettato la chiamata di congratulazioni di Bianconi ma l’ha liquidato senza tante cortesie in cinque secondi netti – ma che con la politica ha tutto sommato poco a che fare. Il commissario dem Valter Verini, pur scuro in volto, nella sua analisi a caldo non si è lasciato sopraffare dalle emozioni e ha commentato gelido: «Si tratta di un risultato che ci aspettavamo. Abbiamo difficoltà a rinnovarci e ad aggiungere elementi di discontinuità. In più siamo stati investiti da una pesante questione morale».

D’altra parte, che la situazione fosse complessa già in partenza era cosa nota: la giunta di Catiuscia Marini è franata in primavera in seguito a uno scandalo sanitario e già da qualche anno la destra aveva cominciato a vincere nelle città più importanti, con la Lega che aveva già fatto la parte del leone alle politiche del 2018 e alle europee di maggio. Insomma, la vera sorpresa sarebbe stata una vittoria del centrosinistra, ma nessuno si aspettava che la botta alla fine sarebbe stata tanto grossa. Venti punti percentuali sono tantissimi e se il Pd ha sostanzialmente tenuto rispetto alle europee (dal 24 al 22%), il M5S è tracollato e ha dimezzato le sue percentuali: dal 14.6% al 7.4%. Il motivo per cui adesso Di Maio non vuole più che l’alleanza con i dem diventi strutturale è tutto qui, perché di questo passo la prossima volta il rischio è di finire sotto lo sbarramento o giù di lì. Completamente nullo tutto ciò che ha provato a muoversi alla sinistra del patto civico: la somma Potere al popolo e Partito comunista di Rizzo non arriva al 2%.

A destra, invece, il tripudio è totale. Salvini ha perso qualche migliaio di voti rispetto alle europee (poca roba), ma Fratelli d’Italia è cresciuta in maniera spaventosa, arrivando in doppia cifra percentuale e doppiando Forza Italia. L’estrema destra, in Umbria, è sopra il 50%: da regione rossa a regione nera in un battito di ciglia.

Tesei, avvocata, 61 anni, già sindaca capace di fare un deficit milionario in un comune da 5000 abitanti (Montefalco) ha già fatto capire quale sarà l’aria che tirerà in Umbria da qui ad almeno i prossimi cinque anni. Il suo primo atto, infatti, è la firma su un impegno ad abrogare la legge sull’omofobia che il consiglio regionale aveva introdotto un paio di settimane fa. La notizia arriva dai profili social del Family Day, e i toni sono esultanti. La destra in Umbria non sarà comunque soltanto una questione di provocazioni ora dal sapore medievale e ora criptofasciste: tra le promesse fatte durante la campagna elettorale spicca quella di aumentare le quote private nel sistema sanitario. In sospeso resta anche la questione legata al terremoto, sulla quale Salvini è riuscito a costruire una parte consistente della sua campagna elettorale, malgrado il fatto che nel suo anno abbondante di governo non abbia mosso nemmeno la falange di un dito per il cratere. Le prospettive sono inquietanti anche perché le forze d’opposizione appaiono già stremate, con tre dei cinque eletti del Pd che si starebbero già avvicinando a Italia Viva.

Dirigenti confusi, popolo atterrito: la sinistra è ai minimi termini. La regione è rotta.