Prima avrebbe autorizzato una nave della Guardia costiera a prendere a bordo 141 migranti. Poi, mentre questa si sta dirigendo verso Lampedusa, chiude il porto dell’isola impedendo l’approdo. E’ l’ultima tappa della guerra personale di Matteo Salvini contro tutti. Contro i migranti, le navi delle ong, l’Unione europea e, adesso, di nuovo contro le nostre navi. Uno scontro portato avanti senza guardare in faccia nessuno e giocato sulla pelle dei disperati in fuga dalla Libia. «Non darò nessun permesso allo sbarco finché dall’Europa non arriverà l’impegno concreto ad accogliere tutti gli immigrati a bordo della nave», avverte Salvini mentre né dal ministro dei Trasporti Toninelli, dal quale dipende la nave della Guardia costiera, né dalla ministra della Difesa Trenta, né da nessun altro esponente del governo gialloverde arrivi una sola parola a commento di quanto sta accadendo.

Il giorno dopo il «peggiore naufragio» del 2019 (definizione dell’Agenzia Onu per i rifugiati) e mentre dal mare libico affiorano i cadaveri dei migranti morti – ieri ne sono stati recuperati 62 al largo della città di Khoms – in Italia il ministro dell’Interno torna ad attaccare l’Unione europea. Al centro di quello che potrebbe essere un nuovo caso Diciotti c’è la nave Gregoretti, la CP 262 della Guardia costiera italiana con a bordo 141 migranti recuperati nel corso di due interventi effettuati giovedì in acque maltesi. Si tratta di due gruppi differenti di uomini, donne e bambini: 50 tratti in salvo dal motopeschereccio «Accursio Giarratano» di Sciacca, e altri 91 salvati da un pattugliatore della Guardia di finanza. Sei di loro, bisognosi di cure, vengono fatti sbarcare a Lampedusa ma gli altri 135 restano bloccati in mare. E con loro i nostri militari, la cui richiesta di un porto sicuro resta senza risposta.

Salvini, che già a mattino aveva attaccato il presidente francese Emmanuel Macron («Ma chi sei? Napoleone non c’è più», aveva detto in risposta alle critiche per non essersi presentato lunedì al vertice di Parigi sull’immigrazione) ne approfitta per polemizzare con Bruxelles. E così mentre dal Viminale viene inviata alla Commissione europea la richiesta a attivarsi nella ricerca di paesi disposti ad accogliere i migranti, e mentre fonti del ministero dei Trasporti fanno sapere di aver concordato proprio con i colleghi dell’Interno il salvataggio dei migranti, Salvini torna a minacciare un caso analogo a quello della Sea Watch 3:« Nessuno sbarcherà finché non ci sarà nome, cognome e indirizzo dei Paesi che sbarcheranno questi migranti – dice -. Perché fidarsi è bene ma faccio come San Tommaso».

Il nuovo caso fa inevitabilmente finire Danilo Toninelli nel mirino delle opposizioni, che gli contestano di non fare nulla per risolvere una situazione che coinvolge una nave la cui competenza ricade sul suo ministero. «Con il silenzio davanti al ‘sequestro’ a una delle ‘sue’ navi da parte del ministro Salvini, Toninelli rinuncia in modo definitivo alla sua dignità», attacca il dem Enrico Borghi. «C’è qualcuno in questo governo – gli fa eco Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana – che ha la dignità e la forza per dare uno stop alle sceneggiate dell’attuale ministro dell’interno? Non si è mai visto in nessun Paese al mondo, che ad una nave delle proprie forze armate venga impedito l’attracco in un porto della propria nazione».

In attesa della nuova Commissione europea presieduta da Ursula Von der Leyen, è quella uscente a commentare il naufragio al largo della Libia, con decine di corpi recuperati dalla guardia costiera libica ed un centinaio di dispersi. L’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini e i due commissari Johannes Hahn e Dimitris Avramopoulos hanno chiesto lo stop «all’attuale sistema libico di gestione della migrazione irregolare e di detenzione arbitraria di rifugiati e migranti». Una richiesta che l’Unione europea poteva anche decidersi a rivolgere prima al premier alleato di Tripoli Fayez al Sarraj.