Proprio quando a destra tutto sembrava filare liscio come l’olio, con tanto di sorriso dei sondaggi e di imminente aggiunta della «quarta gamba» centrista, il tavolo del centro destra trema. A vibrare la mazzata è il ruggente Matteo Salvini in persona: «Sospendiamo qualsiasi tavolo e incontro con Berlusconi finché non avremo spiegazioni ufficiali sul voto contrario di Forza Italia all’iter veloce per la legge Molteni che cancella gli sconti di pena per i reati gravissimi».

NON È UN FULMINE a ciel sereno. Le scintille c’erano già state un paio di settimane fa, quando la legge leghista che si propone in realtà solo di vietare il rito abbreviato, con relativa diminuzione della pena, per i reati di omicidio e stupro, era stato approvato alla Camera con voto a favore di tutti tranne che dei gruppi oggi in LiberiEuguali ma con l’astensione di Fi. Salvini aveva protestato e borbottato,ma dal momento che l’astensione azzurra era stata ininfluente la polemica era finita lì.
Al Senato le cose stanno diversamente. In conferenza dei capigruppo la legge Molteni non è stata calendarizzata e la Lega coglie l’occasione per bersagliare Grasso, come se il calendario dipendesse dal presidente e non dalla Conferenza dei capigruppo. Restava però aperta la scorciatoia della commissione deliberante, che permette di varare la legge direttamente in commissione aggirando l’ostacolo dell’aula. Su questo fronte però si sono opposti Giovanardi e Fi. La replica leghista è immediata e violentissima, affidata al presentatore della legge e alla collega Erika Stefani: «Fi si prende la responsabilità di un atto inaccettabile. Questa legge per noi è imprescindibile. Hanno offeso le famiglie delle vittime», e giù con la peggior retorica.

BERLUSCONI, IMPEGNATO a presentare la strenna annuale di Bruno Vespa, commenta con prudenza: «Non ci ho mai ragionato. Sono decisioni che spettano ai gruppi parlamentari. Voglio prima parlarne con Salvini». E giù complimenti alla ragionevolezza del Ringhioso in privato, a fronte delle pressioni sue e di Giorgia Meloni, passata negli ultimi mesi dall’asse col leghista a quello con Arcore. Anche perché la Lega ha aperto le porte agli ex Fratelli dissidenti.
Al Senato i forzisti assicurano di non essere preoccupati. Che la giustizia sia uno dei veri punti di divisione tra Arcore e il Carroccio è noto ed è evidente che con le elezioni che si avvicinano sia obbligatorio alzare i toni. Ma ammettono la possibilità che l’ex Cavaliere, dopo aver di fatto avocato a sé la faccenda, ordini di cedere: il tempo per scegliere la commissione deliberante ancora ci sarebbe.

A RENDERE NECESSARIA una rapida risoluzione del contenzioso non è tanto il rischio che il rito abbreviato possa davvero abbreviare al massimo grado l’alleanza di centro destra strangolandola in culla. Quel rischio è di fatto più o meno inesistente, ma il litigio permette al Pd di denunciare l’impossibilità per la destra di governare insieme. Argomentazione preziosa per il Pd che non può scagliarsi con esagerata virulenza contro un partito col quale potrebbe coalizzarsi dopo il voto. Del resto lo stesso problema si presenta a Berlusconi. Ufficialmente l’alleanza post-elettorale col Pd è fuori discussione. «Se non c’è maggioranza avanti con Gentiloni e nuove elezioni non a brevissimo, in tre mesi», ha ripetuto ieri Berlusconi e a prima vista sarebbe una notizia decisiva se non fossero parole obbligate, dal momento che il progetto del Nazareno 2 è per definizione inconfessabile prima del voto. La formula è ambigua. Lascia aperta la porta a una fiducia azzurra per il governo uscente e il leghista Giorgetti mette le mani avanti: «Noi non tradiremo gli elettori. Con Gentiloni mai».

A PROPOSITO DI ALLEANZE, Berlusconi ha voluto togliersi un sassone dalla scarpa. Felicitazioni a Maurizio Lupi per il ritorno a casa, anche se certo non in Fi. Con Alfano invece «nessuna collaborazione». Quello è un bando non reversibile. Manca una battuta in schietto stile Silvio, e figurarsi se lui intende negarla. «Mussolini forse non era proprio un dittatore», butta lì come se nulla fosse. Poi ironizza: «Scherzavo. Volevo solo darvi occasione di criticarmi». Ma intanto la strizzata d’occhio alla destra estrema c’è stata tutta.