Nel giorno in cui il Tesoro, sull’onda della crescita vertiginosa dello spread (ieri ha aperto a 303 e ha chiuso a 292) e dell’ennesimo risultato negativo della Borsa, è costretto a sborsare molti più quattrini di interesse per collocare 6 miliardi di Bot a un anno, Matteo Salvini chiede una mano ai risparmiatori italiani e in cambio promette loro di far pagare meno tasse a chi investe in Bot e Bpt made in Italy.

«La forza dell’Italia, che nessun altro degli amici seduti al tavolo oggi ha, né i francesi, né gli spagnoli, è un risparmio privato che non ha eguali al mondo. Per il momento è silenzioso e viene investito in titoli stranieri. Io sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano». A margine del G6 a Lione il vice premier ha dunque dismesso per un attimo i panni del ministro degli Interni e ha indossato le vesti del ministro dell’Economia o meglio del padre della patria, spaventato forse dalla bufera finanziaria che sta investendo il governo Lega-M5S. «Il fatto che bisogna aiutare chi investe in titoli di Stato italiani è una nostra convinzione da anni. Molti dei risparmiatori attuali vanno ad aiutare economie straniere mentre mi piacerebbe che i soldi risparmiati dagli italiani aiutassero le imprese italiane, i fondi pensione italiani, e non i fondi di investimento stranieri». «Per far questo – dice Salvini – basta far pagare meno tasse a chi investe nel suo Paese: c’è nel contratto di governo e prescinde dagli spread e da tutto il resto». Salvini ha già in mente la formula per i risparmiatori soggetti a detassazione: Cir, ovvero conti individuali di risparmio.

Il paradosso vuole che siano proprio i risparmiatori a cui Salvini si appella che pretendono, in cambio dell’acquisto dei Bot o Btp, interessi più esosi dal Tesoro. È accaduto ieri all’asta dei titoli di Stato dove sono stati collocati 6 miliardi di Bot a un anno. La domanda è stata forte (9,76 miliardi, 1,63 volte l’offerta) ma il rendimento è esploso, si è più che raddoppiato rispetto alla precedente asta del 12 settembre: il rendimento infatti è cresciuto di 51 punti toccando lo 0,949%. Nel giro di dodici mesi il collocamento dei Bot a un anno ha visto il rendimento passare dal -0,334% di ottobre 2017 allo 0,949%. Un tasso di interesse che diventerà ancora più consistente nel passaggio di intermediazione dalle banche all’acquirente finale.

Per trovare un rendimento più alto di quello odierno bisogna risalire a 5 anni fa quando, nell’asta del 10 ottobre 2013, il rendimento si attestò allo 0,999 per cento. La spesa per interessi sulle emissioni a un anno del Tesoro da gennaio ad oggi è in netta crescita. Fino all’insediamento del governo i rendimenti erano negativi, quindi allo Stato ogni emissione «fruttava» denaro. Da giugno, con i rendimenti positivi, le emissioni sono costate per ora 177 milioni di euro. E non è finita. Se si dà uno sguardo al calendario delle emissioni di titoli di Stato si nota che entro la fine dell’anno i collocamenti di titoli si aggirano sui 40 miliardi di cui almeno una decina nell’ultima settimana di ottobre, quando le agenzie di rating Standard&Poor’s e Moody’s emetteranno il loro verdetto sull’economia italiana.

Un verdetto che dalle parole assai critiche sul governo rilasciate dal chief economist di Moody’s non lasciano ben sperare. Se a questo si aggiunge il fatto che la Bce di Mario Draghi a partire da gennaio diminuirà gli acquisti da 70 a 30 miliardi, si capisce perché Matteo Salvini ha lanciato un appello così accorato ai risparmiatori italiani: se devono essere remunerati con interessi crescenti, dovuti all’aumento della spread, si spera almeno che acquistino titoli italiani. Uno scambio tra potere politico e risparmiatori che ricorda molto gli anni’70 e ‘80 quando i governi di centro sinistra che dominavano nella prima repubblica, per poter finanziare il mostruoso debito pubblico che ci hanno regalato erano costretti a pagare tassi d’interesse sui Bot e Btp a due cifre.