Nel 2018 l’Università di Salerno è stata il secondo ateneo in Italia per incremento dei fondi ministeriali, che già, l’anno precedente, erano aumentati di otto milioni di euro. Il campus di Fisciano risponde con grande virtuosismo al desiderio di performance che da anni anima gli interventi in materia, in soffitta i vecchi pilastri della ricerca astratta o del diritto allo studio da garantire a tutti, anche agli ultimi.

Il manager che ha saputo fare dell’Università di Salerno il laboratorio avanzato della meritocrazia è Aurelio Tommasetti, candidato con la lega di Matteo Salvini alle prossime elezioni europee nella circoscrizione meridionale. E il ministro dell’interno domani sarà a Salerno, dopo un tour campano dal solito sapore pop che parte dal comune di Padre Pio per arrivare a San Giuseppe Vesuviano. In fermento le associazioni di studenti come il Link e le reti antirazziste, che organizzano presidi di protesta.

Ma sono i 5 Stelle, i teorici alleati della Lega, che contestano al sindaco di Salerno la concessione di piazza Portanova, semicerchio incastonato tra i vecchi mercanti e il nuovo corso. Ma tra tutte le implicazioni che la candidatura del rettore comporta, la polemica logistica è forse la meno interessante. La comunità di docenti e studenti è attraversata da un fastidio magmatico, emerso a volte con le richieste di dimissioni, altre con il richiamo al principio etico di non usare una istituzione come l’università per farsi la propria carriera in politica. E più in profondità c’è il rovello su come sia potuto accadere che un partito che ha l’antimeridionalismo nei cromosomi sia riuscito a espandersi e radicarsi al sud.

I dati: alle elezione del 2018 la Lega, superando il 5 per cento dei voti, è diventata nelle regioni meridionali la seconda forza di centrodestra. Quasi un milione di elettori, dal Lazio in giù, hanno scelto di votare per il partito che li chiamava terroni, nullafacenti, che negava l’esistenza stessa di una questione meridionale, «sostituendola con la questione settentrionale», come ebbe a dire Ermanno Rea. Per la maggior parte questi voti vengono dalle aree dell’estrema destra, figli di ex missini, transfughi di Alleanza nazionale o semplici cani sciolti più che per vocazione alla libertà per disinteresse delle forze politiche democristiane, prima, forziste, poi, a tenerli in lista.

Come è possibile allora che il rettore di una università importante del sud confluisca nel partito che ha tra i suoi obiettivi primari lo smantellamento della coesione economica e sociale del paese, tra l’altro mai realizzata a scapito del sud, grazie a una regionalizzazione delle competenze che parte proprio dall’istruzione? Il congelamento del pacchetto sull’autonomia in campagna elettorale non è motivo di sollievo, le misure potrebbero tornare più feroci di prima se Salvini dovesse continuare a incassare voti. Stando alle dichiarazioni rilasciate dal rettore (in carica fino a ottobre, ma formalmente già esautorato a giugno all’avvio delle consultazioni per il suo successore), questo impegno sarebbe compatibile con «l’amore per il sud di un sovranista competitivo».

«Dopo aver appoggiato per anni le politiche contro il sistema universitario centro meridionale, coerentemente il rettore di Salerno si candida con la Lega per continuare a sostenere scelte politiche contro il Mezzogiorno», scrive il docente di economia applicata all’università di Bari Gianfranco Viesti, che da anni studia la mai scomparsa questione meridionale sotto il profilo del modello economico attuale. Da molti docenti dei dipartimenti per loro natura improduttivi (da lettere a sociologia, da filosofia a lingue straniere) i professori si rammaricano che il raggiungimento delle quote premiali sarebbe potuto diventare il perno attorno al quale creare una rete, diventarne capofila e cambiare le politiche nazionali sull’università. E ricordano che gli obiettivi del così detto terzo settore sono basate sulla produzione di sapere a vantaggio delle imprese. «Siamo di fronte al mostro creato dall’assenza di politica. Il mostro più pericoloso, quello che non conosce i diritti», spiega Giuseppe Vitiello, fisico che si occupa di ricerche con il nobel per la medicina Luc Montagnier, che insegna ancora a Salerno come professore onorario. Il campus di Fisciano è un’altra rupe di Sparta. Che non è mai stata affollata come in questo tempo.