Il vertice era nell’aria, adesso c’è una data: domani Matteo Salvini incontrerà Virginia Raggi. Non era ancora chiaro su cosa e come l’incontro dovesse avvenire ma adesso è sicuro: il ministro dell’Interno apre il fronte romano e punta il dito contro i rom. «Vedrò la sindaca perché a Roma la situazione sui rom è un casino totale, con migliaia di presenze», dice Salvini alle telecamere di Italia 7 Gold.

I numeri dicono che negli insediamenti formali o «tollerati» rimasti a Roma vivono meno di 3500 persone, soprattutto bambini, e che da anni la popolazione rom e sinti è in lento ma costante calo. Poco più di un migliaio alloggiano in baraccopoli improvvisate, un numero molto basso se si considera che la storia di Roma per tutto il secolo scorso è stata storia di baracche sanate, dove vivevano decine di migliaia di romani, e di e crescita imponente basata su grandi e piccoli abusi. Salvini dice però, con la consueta miscela di aggressività e provocatoria benevolenza, che il suo obiettivo è «arrivare, con le buone maniere, educatamente, rispettosamente, ma arrivare a quota zero». Vuole farlo, dice, «entro tre mesi». «Ho proposto di fare un controllo sulle presenze e mi hanno dato del nazista – prosegue il vicepremier, che ancora confonde l’identità etnica con quella nazionale

Ma possono esserci anche finlandesi nei campi rom, vado a controllare chi c’è, possono essere italiani, romeni, slavi, extracomunitari, e l’obiettivo è arrivare a una chiusura progressiva».
Una delle baraccopoli attrezzate si chiama Camping River. Si trova a nord della capitale, sulla via Tiberina. Vi abitano circa 350 persone di cui circa 200 minori. Un mese fa il comune ha pensato di distruggere cinquanta casette per costringere gli abitanti ad andarsene. Solo che, denuncia l’Associazione 21 luglio che sta monitorando la situazione e fornendo supporto legale, in alternativa sono state proposte «soluzioni abitative non praticabili, insostenibili economicamente e con tempistiche estremamente ridotte». Per quelli della 21 luglio, peraltro, «gli sgomberi forzati, in assenza di alternative abitative adeguate, violano i diritti umani e rendono ancora più fragili le persone che li subiscono». Ieri scadeva il termine fissato dalla delibera comunale per lasciare il campo nomadi. Sono arrivati alcuni camion ma hanno dovuto fare marcia indietro, a causa del ricorso presentato al prefetto e alla Corte di Strasburgo contro gli atti della giunta capitolina. Attorno all’insediamento, insomma, potrebbe aprirsi un braccio di ferro legale che rimanda anche al fatto che la sindaca non ha un’alternativa concreta alla vita nei campi, che tutti i soggetti in campo sono d’accordo a «superare», in nome però di migliori condizioni di vita.

Migliorano intanto le condizioni di Cirasela, la bimba di quindici mesi colpita da una pallottola sparata da un fucile ad aria compressa la scorsa settimana alla periferia orientale della città. La piccola è uscita dalla terapia intensiva dell’ospedale pediatrico. Ancora non ha ricevuto alcuna visita da parte di esponenti dell’amministrazione comunale. Si è presentato solo Christian Raimo, scrittore e da poco assessore indipendente alla cultura al terzo municipio, dove due mesi fa il centrosinistra ha vinto le elezioni suppletive. ««I suoi parenti hanno una paura che li terrorizza. – racconta Raimo – Hanno dei bambini piccoli, alcuni dell’età di Cirasela e hanno paura persino di attraversare la strada con i figli in braccio, o di andare al parco vicino casa per cercare un pò d’ombra perché nelle baracche ora non si respira».