Il Coronavirus può uccidere la Ue. I dirigenti dell’Unione europea se ne rendono chiaramente conto, la costruzione europea può crollare per la prima crisi che ha un’origine soprattutto interna: la mancanza di solidarietà e le decisioni in ordine sparso. Da quando il Coronavirus è esploso, il 25 gennaio scorso, l’Ue si è mostrata impotente. Così Bruxelles adesso accelera: oggi la Bce dovrebbe precisare le misure da adottare in fretta, ma la presidente Christine Lagarde, presente nelle video-conferenza dei 27 martedì sera, ha invitato i paesi membri a mettere a punto una «risposta urgente e coordinata», perché Francoforte ha ormai un debole margine di manovra, che può avere qualche effetto solo se i governi si muovono. I tassi di interesse della Bce sono ormai negativi, a meno 0,5%, quindi il «bazooka» è spuntato e Francoforte ha meno armi su questo fronte della Fed o della Bank of England, che hanno abbassato i tassi. «La Cina, il Giappone, gli Usa hanno già annunciato misure di rilancio, l’Europa non può essere il continente dell’attendismo», ha commentato ieri l’Eliseo. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, chiede da giorni un piano di rilancio Ue «massiccio e coordinato». C’è l’accordo dell’Italia e della Spagna, ma la Germania frena. Ancora ieri, Berlino faceva notare che «la Bce ha un ruolo importante da svolgere». Ma anche in Germania gli imprenditori si muovono, per evitare la recessione.

L’Eurogruppo del 16 marzo è stato anticipato a lunedì. Ma entro domani dovrebbero arrivare precisazioni sulla «flessibilità» del Patto di stabilità, ha spiegato la presidente Ursula von der Leyen: «Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per assicurare che l’economia europea resista a questa tempesta», ha detto in inglese e ripetuto in tedesco, come per mandare un messaggio a Berlino. Charles Michel, presidente del Consiglio Ue, ha precisato che l’applicazione della flessibilità alle regole Ue sarà in particolare «per ciò che riguarda gli aiuti di stato e il Patto di stabilità». Ma per la Francia e l’Italia siamo ancora molto lontani da un vero e proprio piano di rilancio, una riforma del Fiscal Compact.

Martedì sera c’è stato un primo elenco di decisioni. Gli stati membri hanno in cassa 7,5 miliardi di euro di Fondi strutturali che non sono stati giudicati adeguati, possono tenerseli e spenderli per la sanità, per aiutare le imprese e i lavoratori in difficoltà. Inoltre, ci sono 17,5 miliardi di Fondi strutturali futuri e in tutto fanno 25 miliardi, la somma sbandierata martedì sera a Bruxelles come «iniziativa di investimento in risposta al Covid-19». Il Consiglio europeo del 26-27 marzo dovrebbe essere l’appuntamento più importante per prendere decisioni destinate a salvare la Ue. Ormai, il Coronavirus è presente in tutti i 27 paesi. Ma le reazioni, finora, sono state in ordine sparso. La sanità non è nell’area di competenza della Ue. La Commissione propone un «coordinamento». Ogni giorno ci sarà una video-riunione dei ministri della Sanità o degli Interni. L’obiettivo è coordinare le reazioni e anche ripristinare il mercato interno, che si è sfaldato nei primi giorni della crisi. L’ambasciatore italiano alla Ue, Maurizio Massori, ha fatto sapere che quando l’Italia ha chiesto ai partner delle mascherine, a rispondere positivamente è stata solo la Cina, che non c’entra niente con la Ue. La Germania e la Francia hanno bloccato l’export, per timore di rimanere senza materiale. Il commissario all’industria Thierry Breton ha precisato che molte industrie sono in Germania e con il blocco c’è lo strangolamento. Adesso 20 paesi si sono raggruppati per fare ordinazioni congiunte. Charles Michel insiste: «Bisogna fare in modo che il mercato unico funzioni» ed evitare l’ognuno per sé. La Ue ha messo sul tavolo 140 milioni per la ricerca sul vaccino e sono stai selezionati 17 progetti. Ma per il momento le reazioni restano nazionali. La Slovenia ha annunciato la chiusura della frontiera con l’Italia proprio mentre era in corso il video-vertice di martedì sera. L’Austria, l’Ungheria, la Polonia chiudono le frontiere. Per Angela Merkel «chiudere la frontiere non è un modo adeguato per prevenire la diffusione del virus».