La vita sociale completamente azzerata dalla prima ondata della pandemia ha costretto molti artisti a guardarsi indietro ed anche un artista come Ligabue, da sempre votato al futuro, ha trovato nello scavare nel suo passato: «Il salvagente emotivo per rivivere, in una situazione unica e irripetibile, momenti che avevano bisogno di essere ricordati». Il primo salvagente gli è stato lanciato da E’ andata così, il libro autobiografico scritto a quattro mani con Massimo Cotto e prima tappa della festa – concerto 30 anni in (nuovo) giorno alla RCF Arena – Campovolo di Reggio Emilia e com’è stata ribattezzata dopo averla rimandata al 19 giugno prossimo. Il secondo appiglio per fargli sbollire «l’incazzatura» di questa forzata sospensione è stato il rovistare nei cassetti del suo studio e riscoprire tracce e demo di canzoni che proprio oggi mostrano un’attualità che allora non avevano. 

«IN QUEST’ANNO particolare nella sua sfiga e tragicità, mi sono costretto a fermarmi, io che mi sono abituato a guardare avanti, senza mai guardare troppo indietro e mi è sembrato doveroso parlare della mia storia». Una storia fatta da trent’anni di canzoni, dischi, libri di racconti e poesie, un romanzo, tre film e soprattutto centinaia di concerti. Per chi conosce Ligabue sa cosa significa la scrittura, ma sa ancor più il valore che attribuisce alla dimensione concertistica della sua attività. Concetti questi più volte ribaditi in un’affollata e partecipata conferenza stampa web convocata per la presentazione di 77 + 7 e 7, il suo nuovo e «numerologico» duplice progetto discografico antologico, allestito su tutti i suoi singoli, e inedito, in uscita il 4 dicembre prossimo per la Warner e già anticipato da La ragazza dei tuoi sogni e Volente e nolente. In quest’ultimo brano duetta ed è la prima volta in un suo disco, con Elisa. E’ in forma Ligabue a dispetto della «pentola a pressione» che dice di essere. Non gli va proprio giù il non aver potuto celebrare i 30 anni di carriera come avrebbe voluto: su un palco suonando dal vivo e con il suo pubblico, «tutta questa frustrazione porterà una volta che si comincerà a suonare un senso di liberazione che andrà oltre il concerto stesso». Lo dimostrano le risposte alle tante domande: puntute sulla musica, sull’attualità così tragica «che ha una diffusa dose di infelicità e che non può non darci alla fine una nuova possibilità», il significato delle nuove canzoni, la capacità di non farsi travolgere dal successo, ma anche il voler gestire privilegi e non assistere impotente alle storture della quotidianità.

SONO RISPOSTE sincere, senza rete di protezione che ne fanno la più politica delle nostre rockstar, l’unico artista in cui il privato si fa pubblico. Dunque politico. Ciò gli deriva dal saper far i conti con un sé stesso che oggi a sessant’anni si trova a osservare il film della sua vita esattamente diviso in due. E non che il secondo Ligabue, quello che tutti conoscono, non abbia avuto cedimenti: «nel 1999 volevo addirittura smettere, poi la solita vocina dentro mi diceva puoi rinunciare a suonare?».