A meno di improbabili ripensamenti, venerdì il consiglio dei ministri approverà un decreto per salvare ciò che resta dell’impero del gruppo Riva in Italia. Sarà il premier Letta, di ritorno in Italia giovedì, a dare l’ok definitivo. Ad anticipare la scelta del governo, il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. Il testo che sarà esaminato venerdì, consta di appena 5 articoli ed è una semplice estensione del decreto del 4 giugno scorso, il «salva Ilva bis». Questo perché il governo, come previsto nel primo articolo del nuovo decreto, ha deciso di estendere il commissariamento Ilva anche alle «controllate o collegate»: il tutto per sbloccare la produzione, dopo il sequestro delle settimane scorse, degli stabilimenti della Riva Acciaio. Secondo il nuovo decreto sarà possibile consentire l’utilizzo e la gestione di beni, azioni e liquidità, anche e nonostante un sequestro preventivo. Le norme entreranno in vigore «il giorno stesso della pubblicazione», e saranno applicabili anche «ai sequestri già disposti» prima di quella data: questo perché, ha spiegato il ministro Flavio Zanonato, «se avviene un sequestro deve avvenire tutelando l’attività produttiva». Il secondo articolo estende il regime del commissariamento, prevedendo la nomina di «fino a tre sub commissari» e la tenuta di una «contabilità speciale riguardante i beni oggetto di sequestro». Commissario e subcommissari, «sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società» sotto commissariamento, «e le amministrano al fine di perseguire l’esercizio delle attività d’impresa». A loro anche il compito di redigere e approvare i bilanci della spa Ilva e delle sue controllate (prevede l’articolo 3). Il quarto riguarda il nodo dei beni sotto sequestro preventivo, compresi titoli, quote azionarie e liquidità, anche se in deposito; e indica che «l’organo di nomina giudiziale ne consente l’utilizzo e la gestione agli organi societari esercitando i necessari poteri di vigilanza». La liquidazione dei beni sequestrati e la destinazione dei ricavi al fondo unico di Giustizia è una ipotesi prevista nel caso in cui «l’attività di impresa non sia concretamente e oggettivamente perseguibile». L’ultimo articolo dispone l’immediata entrata in vigore delle norme: il dl va inquadrato come «ulteriori disposizioni urgenti a tutela di imprese di interesse strategico nazionale».
Più che le pressioni dei partiti e dei sindacati, a condurre il governo sulla strada di un nuovo decreto, è stato il commissario Ilva Enrico Bondi, che oltre a minacciare immediate dimissioni, ha sostenuto la tesi secondo cui il blocco degli stabilimenti della Riva Acciaio, finirebbe per colpire anche l’Ilva di Taranto, ostacolando così il lavoro di risanamento ambientale e di rilancio sul mercato. E, guarda caso, il governo è intenzionato ad allargare i poteri di Bondi, affidandogli anche le controllate dell’Ilva che potrebbe gestire direttamente o tramite sub commissari.
Tutto ciò nonostante anche ieri la Procura di Taranto abbia ribadito che somme di denaro, conti correnti, titoli, valori e «ogni altro rapporto bancario e finanziario facente parte di complessi aziendali» devono ritenersi beni compresi nel complesso aziendale «essendo destinati all’esercizio dell’attività di impresa, già svolta in forma individuale o societaria e proseguita dall’amministratore giudiziario». Quindi non possono «affluire al Fondo unico di Giustizia se non in occasione dell’eventuale liquidazione dell’azienda». La Procura ribadisce ancora una volta che beni e titoli possono essere usati dall’amministratore giudiziario, il commercialista tarantino Mario Tagarelli, e che su di essi non vi è alcun blocco. «Diversamente risulterebbero impedite l’attività e la gestione imprenditoriali – con tutti gli adempimenti ad essa connessi – facenti capo all’amministratore giudiziario».
Quest’oggi, infine, il ministro all’ambiente Andrea Orlando incontrerà il commissario Ue all’ambiente Janez Potocnik a margine dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York: l’incontro è l’’ultima occasione per evitare che domani la commissione Ue apra una procedura di infrazione contro l’Italia per le violazioni ambientali dell’Ilva.