Il 30 settembre, a tre mesi dalla 2aConferenza nazionale “Per una salute mentale di comunità” è convocata un’assemblea del Coordinamento Salute Mentale.
Una Conferenza che non ha riguardato tanto e solo la psichiatria quanto la “salute mentale di comunità”: che si realizza nei luoghi di vita delle persone, senza esclusioni e discriminazioni, avendo ben chiaro tutti i determinanti e il contesto sociale in cui si manifestano i disturbi mentale, evitando la logica centrata solo sui posti letto (ospedalieri o residenziali) o sui farmaci. La Conferenza, promossa dal Ministero della Salute dopo ripetute sollecitazioni e due conferenze autoconvocate, ha visto la partecipazione di migliaia di persone.

È stata una grande occasione per ascoltare gli operatori, le associazioni di utenti e familiari, i sindacati e la società civile, per raccogliere proposte, critiche e denunce delle numerose debolezze che ancora oggi esistono in molte parti del paese.
Questo patrimonio non deve essere disperso: per questo il Coordinamento Salute Mentale ha deciso di continuare la sua attività di rete che collega associazioni e singole persone, e di sollecitare Governo, Conferenza Regioni e ANCI a mantenere l’attenzione e gli impegni assunti durante la 2aConferenza.

Alcuni di questi impegni è utile ricordarli, seppur brevemente, perché rappresentano anche un’ agenda di mobilitazione per la salute mentale: – Assegnare maggiori risorse per la tutela della Salute Mentale. Su questo obiettivo qualcosa si è mosso: per il 2021 sono stati stanziati 60 milioni aggiuntivi per progetti destinati a rafforzare i Dipartimenti di Salute Mentale, superare la contenzione meccanica, la presa in carico dei pazienti con disturbi psichiatrici autori di reato. Sono segnali incoraggianti che però non bastano. Ora è in preparazione la legge di bilancio: servono risorse stabili per la formazione, l’assunzione di personale, il potenziamento dei servizi territoriali, e servono anche gli investimenti del PNRR.

– Superare la contenzione nei luoghi della salute mentale, pratica coercitiva inaccettabile: una proposta di Linee Guida è stata inviata dal Ministero della Salute alla Conferenza delle Regioni, che ora vanno approvate.
Questo primo passo, per nulla facile né scontato, crediamo debba essere esteso a tutti luoghi sanitari e socio sanitari dove si ricorre alla contenzione.
– Assicurare il diritto alla cura delle persone con disturbi mentali autori di reato. Qui va sottolineato come un risultato positivo, ormai imminente, la riattivazione dell’Organismo di monitoraggio sul processo di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Lavoreranno insieme Ministeri della Salute e della Giustizia, Regioni e saranno coinvolti tutti i soggetti interessati, a partire dalla Magistratura. Un Organismo i cui compiti vanno ben oltre l’osservazione di ciò che accade nelle Rems (e che può sollecitare anche l’adozione di misure alternative al carcere) visto che sono le misure non detentive il cuore della legge che ha chiuso gli OPG.
– Assumere concrete iniziative tra Governo, Regioni, Comuni per rendere finalmente operativa l’integrazione sociosanitaria, per agire sui determinanti sanitari e non (reddito, casa, lavoro, ecc.) indispensabili per la salute mentale.

Qui cito alcuni dei tanti problemi da affrontare e degli impegni emersi nel corso della Conferenza. Sappiamo che non si attueranno spontaneamente, serve una forte mobilitazione sociale che mantenga alta l’attenzione sulle condizioni, sui diritti, spesso negati, delle persone con sofferenza mentale. La Riforma Basaglia ci ha insegnato che la chiusura dei manicomi (come degli OPG e di ogni istituzione totale) va accompagnata dalla mobilitazione per ottenere insieme «diritti, libertà, servizi». Di tutto questo riprenderemo a discutere nell’ assemblea del 30 settembre prossimo.