Francesca Barracciu, quarantenne dirigente del Pd, aveva davanti a sé una strada che sembrava tutta in discesa. A fine settembre aveva vinto le primarie che dovevano designare il candidato del centrosinistra sardo alla guida della regione. La campagna elettorale è iniziata da prima dell’estate e si concluderà con le votazioni il 16 febbraio. Barracciu era la candidata renziana, scelta dal popolo dei gazebo quando l’attuale segretario non era alla guida del partito. Una renziana della prima ora. Al suo schieramento si era aggiunta l’area del Pd che fa capo a Renato Soru, l’ex presidente della regione eletto nel 2004 e poi sconfitto nel 2009 dall’attuale governatore, Ugo Cappellacci. Contro Barracciu, invece, era scesa in campo la corrente bersaniana, al momento delle primarie ancora molto forte e guidata in Sardegna dall’ex socialista Antonello Cabras, che aveva candidato il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau.

Barracciu aveva vinto con il 44.32% (22.808 voti), staccando di dieci punti Ganau, che si era fermato al 32.31% (16.792). Sembrava fatta, e invece, appena dieci giorni dopo, la candidata del centrosinistra aveva ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito della seconda tranche dell’inchiesta aperta dalla Procura di Cagliari sul presunto uso a fini personali che diversi consiglieri regionali avrebbero fatto dei finanziamenti destinati ai gruppi. Peculato è l’accusa che viene mossa nei confronti di una quarantina di consiglieri, di quasi tutti gli schieramenti politici. Alcuni sono anche finiti in carcere perché la magistratura ha ritenuto che esistesse un serio pericolo di inquinamento delle prove da parte degli indagati. Per conto suo, Barracciu aveva subito collaborato con i magistrati, spiegando che lei quei sodi (pubblici) non li aveva spesi per sè e che sarebbe stata in grado di dimostrare senza problemi la sua innocenza.

A partire dal momento in cui la candidata del Pd alle elezioni regionali riceve l’avviso di garanzia, contro di lei si apre un serratissimo fuoco di fila. I primi ad aprire il fuoco sono quelli di Sel, immediatamente seguiti da Italia dei valori e dai Rossomori (una formazione autonomistica con coloriture indipendentistiche che si ispira al pensiero di Emilio Lussu). Tutti chiedono le dimissioni di Francesca Barracciu: un’indagata, sostengono, non può correre alla guida della Regione. Va detto che Sel, Idv e Rossomori da mesi erano in polemica con il Pd, che aveva preferito le primarie di partito a quelle di coalizione escludendo dalla partita tutte le altre forze. Per loro le indagini della magistratura erano quindi un’occasione per ottenere ciò che invano avevano chiesto prima: apertura di un tavolo di coalizione per cercare un candidato governatore unitario come conseguenza del ritiro di Barracciu.

Il Pd risponde picche alle richieste dei tre alleati. Ma nel frattempo accadono alcuni fatti decisivi. Matteo Renzi e Gianni Cuperlo si scontrano per la segreteria e la geografia interna del Pd sardo viene sconvolta. La corrente bersaniana (o almeno il grosso di quella corrente) passa armi e bagagli al campo renziano. L’ex bersaniano Ganau, avversario di Barracciu alle primarie, diventa uno dei grandi elettori di Renzi in Sardegna. Altrettanto fanno Cabras e il segretario regionale del Pd, Silvio Lai: da Bersani a Renzi nel giro di poche settimane. E se in un primo momento gli ex bersaniani passati al campo renziano, quello di Barracciu, sembrano sostenere in maniera convinta la candidata designata dai gazebo, non si tarda molto a capire che il consenso intorno al suo nome viene a sfaldarsi. Per l’ex schieramento bersaniano è l’occasione per rimettere in discussione il risultato delle primarie, che li aveva visti perdenti quando ancora, solo pochi mesi prima, erano anti renziani. Ma nemmeno Soru, vicino a Renzi ben prima della battaglia del sindaco contro Cuperlo, sembra più tanto convinto di sostenere Barracciu. La giovane dirigente Pd, durante i colloqui per definire le alleanze, aveva aperto al Partito sardo d’azione (Psd’Az), che nella legislatura in corso ha governato con Cappellacci. Per questo motivo Soru entra in frizione con Barracciu. L’ex governatore non vuole i sardisti nella coalizione. Non dimentica infatti che, oltre a governare con la destra, il Psd’Az è stato, durante la sua presidenza, tra i più irriducibili avversari della legislazione di protezione delle coste dalla speculazione immobiliare varata in quegli anni. Circolano, inoltre, sondaggi che darebbero Barracciu nettamente perdente contro Cappellacci, che nel frattempo ha deciso di correre per un secondo mandato forte dell’investitura diretta di Silvio Berlusconi, di cui resta un fedelissimo. Barracciu smentisce quei numeri. Ma la macchina della sfiducia va avanti, spinta anche da Sel, Idv e Rossomori.

Sino alla drammatica direzione regionale di giovedì scorso, ultimo giorno del 2013, a Oristano, al termine della quale, a mezzanotte inoltrata, Barracciu getta la spugna: «Mi ritiro. So che sto facendo la cosa giusta perché sto salvando il mio partito», dichiara. Ma aggiunge che da Renzi ha ottenuto la garanzia di poter esercitare un rigido diritto di veto sul nome del nuovo candidato e anche sulla composizione della coalizione di centrosinistra. E spara a zero contro Antonello Cabras e Renato Soru. «E’ stata loro – dice – l’iniziativa di cercare di portare il Pd a una spaccatura insopportabile sul mio nome. Siccome voglio che il Pd e il centrosinistra vincano le prossime elezioni, faccio un passo indietro. Un partito spaccato avrebbe significato sconfitta sicura». Particolarmente duro l’attacco di Barracciu contro l’ex alleato Soru: «Non consentirò a nessuno, e in particolare a chi ha perso le elezioni nel 2009, di fare la morale agli altri. Non consentirò di escludere dalle liste persone o partiti, ad esempio il Psd’Az, non graditi a personaggi come questi».

Bisogna dire però che mentre sul punto Psd’Az Soru non ha mai nascosto il suo dissenso politico con Barracciu, sulla questione indagini l’ex presidente della giunta, che ha anche lui una vicenda giudiziaria aperta per presunti illeciti fiscali che secondo i magistrati sarebbero stati commessi dall’azienza di cui è presidente, Tiscali, ha sempre difeso la candidata designata dalle primarie. Ma «con metà del Pd e tutti gli alleati contro – spiegano ambienti vicini a Soru – la sostanza del caso Barracciu è politica, non giudiziaria».

A questo punto, una nuova direzione, convocata forse già per domani, dovrà scegliere il nuovo candidato. I nomi che si fanno sono quelli dei rettori delle università di Sassari e di Cagliari, Attilio Mastino e Giovanni Melis, dell’assessore al Bilancio della giunta Soru, l’economista Francesco Pigliaru, del segretario della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi, dell’ex assessore alla programmazione, sempre giunta Soru, Carlo Mannoni, e del sindaco di Carbonia, Salvatore Cherchi. Ma è tutto apertissimo e non sono escluse altre candidature.