L’accordo tra Tripoli e Tobruk non c’è mai stato. Se qualcuno, primo fra tutti l’inviato delle Nazioni unite, Bernardino León, ci ha creduto ora dovrebbe ammettere che questi vani tentativi servono solo ad inasprire lo scontro politico e a spaccare il paese. La Libia è una sola e il suo legittimo parlamento, il Congresso nazionale generale (Cng), è a Tripoli. Tutto il resto sono manovre per legittimare nuove guerre, mettere le mani sulle risorse petrolifere del paese con il pretesto della lotta contro l’immigrazione che Tripoli, seppur con metodi discutibili, ha dimostrato di saper contenere da sola.

Qual è l’errore principale dei negoziatori? Per León, Gentiloni e altri, le maggioranze di Tripoli e Tobruk sarebbero favorevoli all’intesa, nonostante il fatto che entrambi i parlamenti non abbiano ratificato l’accordo di Skhirat, entro la scadenza prevista del 20 ottobre. Se quindi l’intesa sulla carta, che dà il premier a Tobruk e spartisce le vice-presidenze tra le altre fazioni, non si traduce in un accordo sul campo è perché una «minoranza» radicale tiene «in ostaggio» le maggioranze nelle due fazioni. Questa è la spiegazione, addotta da León, il cui mandato è scaduto da due giorni secondo la risoluzione Onu che ha esteso di sei mesi il suo incarico.

Questa visione però è fuorviante perché Tobruk già di per sé è una minoranza illegittima, con un parlamento ormai scaduto. Se davvero si volesse la pace, bisognerebbe prima di tutto ridimensionare il ruolo egiziano, saudita e del debole generale Haftar nel paese. Che il negoziatore Onu sia fuori strada lo dimostra la reazione che ha avuto alla mancata ratifica dell’accordo. «Siamo pronti a dare maggior peso alla rappresentanza di Bengasi», ha detto. È esattamente il contrario di ciò che serve.

A questo punto non c’è altro da fare che ricominciare con i negoziati. I consigli tribali hanno chiesto di riprendere i colloqui. León ha assicurato che il dialogo tra le fazioni «proseguirà». «La soluzione politica è l’unica reale alternativa», ha aggiunto. In verità, l’intesa è l’unico modo per concretizzare la missione di peace-enforcement fortemente voluta dall’Italia, esclusa dal paese dopo i disastrosi raid Nato del 2011. E poi serve a dare il via al minuscolo piano, annunciato due giorni fa dall’Alto rappresentante Ue, Federica Mogherini. «Siamo pronti a sostenere il Governo di accordo nazionale dal primo giorno», aveva detto. Nei primi sei mesi dall’avvio dell’intesa, sostegno alle municipalità locali, al sistema sanitario e al miglioramento delle condizioni di sicurezza, sono i punti elencati da Mogherini, come ad ammettere che nel 2011 dopo gli attacchi c’è stato un completo black-out sulle sorti politiche del paese.

Fin qui si è manifestata solamente l’ingerenza indebita dell’Ue che con Eunavfor Med ha concesso alle sue navi di violare le acque territoriali libiche, come se gli scafisti fossero in mare e non a terra a organizzare nuove partenze. L’Ue vorrebbe stanziare 100 milioni di euro per favorire il rafforzamento delle istituzioni libiche. Sembra davvero poco considerando la distruzione che la guerra e le centinaia di milizie hanno portato nel paese. Sarebbero già disponibili sette milioni di euro per le prime misure di emergenza e la riattivazione delle politiche di vicinato sospese, per un valore pari a 55 milioni di euro. Il capitolo più controverso è la sicurezza. La formazione di un Consiglio militare temporaneo è quello che prevede l’accordo di Skhirat. Come ha confermato Mogherini, questo apre la strada ad una missione Ue di «assistenza militare».

Eppure gli scontri nel paese non si placano. Martedì, il colonnello Ataya al-Arabi, capo dell’Intelligence militare ad Ajdabiya, nel Nord del paese, è stato assassinato davanti alla sua abitazione. Al-Arabi è stato colpito da una raffica di mitra al suo rientro a casa. Lo Stato islamico, attivo a Derna e Sirte, ha rivendicato l’attentato. Mentre non si fermano le infiltrazioni qaediste in Cirenaica.

Rettifica del 22 ottobre 2015

Gentilissimo Direttore, l’articolo pubblicato il 22 ottobre a pagina 8 de «Il Manifesto», dal titolo «Salta l’accordo farsa, si sfila anche Tobruk», contiene un passaggio che è doveroso rettificare. Nel testo si legge: «Fin qui si è manifestata solamente l’ingerenza indebita dell’Ue che con Eunavfor Med ha concesso alle sue navi di violare le acque territoriali libiche». Questo non corrisponde al vero; le unità e il personale di Eunavfor Med – Sophia non sono mai entrati in acque territoriali libiche. La missione opera solo in acque internazionali in base al mandato dell’Ue per la seconda fase dell’operazione, avallato anche dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu nr. 2240 del 9 ottobre.

Antonello de Renzis Sonnino
Capitano di Vascello, Portavoce e Capo Ufficio Stampa