Nell’aula magna del “Palazzaccio”, venerdì 21 gennaio, saranno i due protagonisti principali. Ad assistere all’inaugurazione solenne dell’anno giudiziario, in prima fila e al centro dell’aula, ci sarà Sergio Mattarella, presidente della Repubblica giunto agli ultimi giorni del suo mandato – non a caso poche ore dopo (lunedì 24) cominceranno le votazioni per il successore. Quella in Cassazione sarà l’ultima cerimonia per il capo dello stato. A tenere la relazione principale sarà invece il primo presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio. La cui nomina, firmata proprio da Mattarella 18 mesi fa in una seduta straordinaria del Csm al Quirinale, è stata però annullata ieri dal Consiglio di Stato.

Un caso mai visto di conflitto istituzionale che coinvolge le alte giurisdizioni dello stato e il Csm, tanto più clamoroso perché arriva alla vigilia dell’appuntamento solenne in Cassazione. L’anno giudiziario avrà un prologo domani in parlamento con una relazione della ministra della giustizia che le camere attendono anche per misurare le chance di Cartabia nella corsa al Colle.

Ma la sorpresa era in agguato e con una sentenza resa nota ieri, curiosamente proprio nel giorno in cui è arrivata la nomina a suo presidente di Franco Frattini, il Consiglio di Stato ha – come sempre più spesso capita – bocciato pesantemente le delibere del Consiglio superiore della magistratura. Non solo la nomina di Curzio, ma anche quella della presidente aggiunta Margherita Cassano. Prima donna a raggiungere la carica di “vice” della Cassazione e naturale candidata, l’anno prossimo quando Curzio andrà in pensione, a diventare la prima donna presidente.

Quella che si è abbattuta sugli ermellini è una vera tempesta. Il Consiglio di Stato ha rovesciato le precedenti sentenze del Tar che avevano dato torto ai ricorsi. A vincere invece ieri è stato il giudice di Cassazione Antonio Spirito, magistrato che fu giudice istruttore del processo a Enzo Tortora ma che ha poi avuto un’eccellente carriera. Tanto da vedersi riconosciuti dal Consiglio di Stato titoli almeno pari a quelli di Curzio e superiori a quelli di Cassano. «L’oggettiva consistenza dei dati curriculari» scrivono i giudici amministrativi «avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte dal Csm». Motivazioni che invece sono state giudicate «irragionevoli e gravemente carenti».

Eppure Curzio e Cassano erano stati scelti e preferiti a Spirito in un clima di grande concordia nel Csm. Furono quelle tra le prime decisioni per voltare pagina rispetto allo scandalo Palamara. Curzio addirittura fu scelto senza alcun voto contrario (un solo astenuto) e con Sergio Mattarella che, presidente effettivo del Csm in quell’occasione, nel salone delle feste del Quirinale così accompagnava la nomina: «Dalla relazione e dagli interventi svolti è emerso l’eccellente profilo professionale del presidente Pietro Curzio, lo spessore e la varietà delle sue esperienze giudiziarie. Con la sua attività di studio ha contribuito al dibattito dottrinario e offerto il suo apporto all’attività formativa del Csm».

La bocciatura del Consiglio di stato alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario finisce così con il coinvolgere anche il capo dello stato in uscita, ed è dunque doppiamente singolare nella tempistica. Nuovo segnale di tensione tra le massime giurisdizioni, ordinaria e amministrative, dello stato. Ieri pomeriggio, appresa la notizia, la quinta commissione del Csm si è convocata d’urgenza per oggi, sabato. È probabile che il Consiglio faccia ricorso e proprio in Cassazione! In alternativa il Csm potrebbe avviare una nuova nomina degli stessi Curzio e Cassano. Un modo se non altro per non lasciarli soli nell’aula magna, venerdì 22.