Simonetta Saliera non è conosciuta fuori dall’Emilia-Romagna, non ha un’immagine modellata a colpi di twitter, startup e innovazione. Non è nemmeno renziana, anzi cuperliana qual è ha appoggiato lo sciopero della Cgil nel momento di massimo scontro con il governo. Quando dalla piazza di Bologna il sindacato di Susanna Camusso urlava al Pd di stare dalla parte dei padroni e chiedeva a Renzi e a Poletti di fermarsi sul Jobs Act, «o vi fermiamo noi», lei pubblicamente dava il suo appoggio ai lavoratori e si prendeva le cannonate dei renziani di tutta la regione.

Eppure, o chissà forse proprio per questo, la vicepresidente uscente della Regione che fu di Vasco Errani si è portata a casa 12mila preferenze mentre l’affluenza crollava ovunque dimostrando, tra le altre cose, che non sempre la rottamazione purché sia paga.

In Emilia Romagna il Pd ha lasciato per strada centinaia di migliaia di voti, 700mila se si prendono come punto di riferimento le trionfali elezioni europee di sei mesi fa. Nonostante il crollo dell’affluenza Saliera ha fatto il pieno di preferenze ed è stata la più votata in regione.

«Non mi aspettavo così tanti voti, penso abbia pagato il rapporto con il territorio. Chiedere voti a colpi di slogan spettacolari durante la campagna elettorale serve a poco se non c’è un dialogo costante con le persone. Bisogna ascoltare e rispondere ai bisogni della comunità, altrimenti i voti si perdono».

Lo scontro tra governo e sindacati ha influito sul voto di domenica in Emilia-Romagna?

Per una parte ha influito, anche se non saprei dire quanto. Quello che so è che questo scontro crea ancora più incertezza tra le persone che non capiscono più quale sia il senso di stare dentro un partito. La gente vede svanire i propri punti di riferimento. Per questo il confronto con i sindacati non è solo una cosa utile, è un passaggio necessario. Se vogliamo definire nuove regole possiamo farlo, ma bisogna per forza farlo assieme al mondo del lavoro e a quello dell’impresa.

La battaglia non è solo tra Cgil e Pd, anche all’interno del suo partito ci sono malumori e dissenso.

Non si può essere tutti d’accordo, questo è vero, però sarebbe servita una discussione seria per trovare soluzioni prima di arrivare in Parlamento. Rinunciare alla discussione non va bene, quindi in ultima analisi piuttosto che non farlo, il confronto parlamentare diventa necessario. Voglio ricordare a tutti che il fondamento per riuscire a governare bene, anche all’interno del Pd, è basato sulla stima e sul confronto, quello vero e nel merito, tra posizioni differenti.

E questo è successo?

Guardi, si può anche arrivare al muro contro muro, non è certo un problema. Il problema è quando in un partito qualcuno è messo all’angolo, e questo non deve mai succedere. Perché altrimenti, con l’esclusione di chi la pensa diversamente, diventa impossibile dare risposte costruttive e fare passi avanti. Rispetto alla discussione interna che c’è stata sul Jobs act devo dire che non ci siamo avvicinati molto a questo modello.

Lei ha molti anni di esperienza politica come amministratrice. Cosa ha imparato dal punto di vista delle politiche sul lavoro?

Che la flessibilità non è da inseguire e di questo ne sono davvero convinta. Abbassare il costo del lavoro non è la soluzione. Bisogna invece seguire la strada della creazione di nuovi posti di lavoro di grande qualità. In fin dei conti la realtà internazionale a noi emiliano romagnoli chiede di fare ciò che sempre abbiamo fatto nella nostra tradizione: tenere alte le competenze, la formazione, la qualità del prodotto. Non ci sono altre strade.

Insomma a lei lo scontro con la Cgil non piace proprio

Non ne vedo né l’utilità né il motivo. I lavoratori hanno bisogno di avere punti di riferimento e di organizzazioni che li tutelano. Ne hanno bisogno gli elettori, e ne ho bisogno anche io. Poi è vero che il sindacato è un’organizzazione che ha bisogno di evolversi e deve saper cambiare, ma quello che so è che più l’amministrazione e il governo si confrontano con il sindacato, più si creano le condizioni per facilitare l’evoluzione del sindacato stesso.