Mentre lo spread continua a crescere lentamente ma senza sosta, lasciando gli investitori con il fiato sospeso, l’economia italiana ha messo il piede sul freno. E queste due crepe mettono l’Italia sotto stretta osservazione della comunità degli affari. Vediamo prima lo spread: il differenziale tra Btp e Bund ieri è risalito di 8 punti, a 276, a dimostrazione di un diverso apprezzamento del mercato per i Bund tedeschi, pur in lieve calo, mentre i rendimenti dei titoli italiani a dieci anni risalgono ampiamente sopra il 3%. Non è in salita costante, invece, l’economia italiana. Moody’s ha infatti tagliato le stime di crescita sull’Italia per 2018 e il 2019. L’agenzia di rating si aspetta che nel 2018 il Pil italiano crescerà dell’1,2%, contro una precedente stima del +1,5%. Nel 2019, invece, la previsione è di un +1,1%, contro il precedente +1,2%.

Nell’area euro, secondo Moody’s, la Germania continua a esserne il motore e ha confermato le previsioni di crescita per il Paese: +2,2% quest’anno e +1,7% nel 2019. Tra le principali economie dell’area, il taglio delle previsioni, comunque, non ha toccato solo l’Italia, l’agenzia ha leggermente rivisto al ribasso anche quelle della Francia per l’anno in corso all’1,8% dal 2% della precedente stima, confermando invece all’1,8% quelle per il 2019. L’Italia, osservano gli analisti di Moody’s, è comunque l’unica grande economia della zona euro che non cresce a un ritmo sostenuto. E questa frenata comporta inevitabilmente prospettive assai negative per il fardello che ci portiamo dietro da anni ovvero il rapporto negativo tra debito pubblico e Pil.

Il pericolo di un circolo vizioso spread-fuga di capitali-aumento del debito pubblico viene denunciato dall’economista e presidente del consiglio mancato, Carlo Cottarelli che sulla Stampa invoca con forza la necessità di «evitare nel modo più assoluto un ulteriore aumento dello spread e dei tassi di interesse sui titoli di Stato», il che «richiede una legge di bilancio per il 2019 che ponga le basi per una rapida discesa del rapporto tra debito pubblico e Pil». Con riferimento al governo Lega-M5S, Carlo Cottarelli dice senza mezzi termini: «quello che determinerà l’aumento o meno dei tassi di interesse non sarà la maggiore o minore flessibilità che ci daranno gli ’euroburocrati’, ma l’azione di migliaia di investitori nazionali ed esteri», lo tengano presente – afferma ancora l’economista – «quelli che pensano che basti fare la voce grossa a Bruxelles per poter aumentare a piacere il deficit pubblico».

Anche la Bce ha acceso i riflettori sul nostro spread. Ignazio Angeloni, banchiere ai vertici della Banca Centrale Europea lancia l’allarme: «A fine maggio, il giorno della Relazione annuale della Banca d’Italia, lo spread Btp-Bund volava oltre i 300 punti base sulla scia dei timori per l’impasse sulla formazione del governo. «Di recente gli spread sono ulteriormente aumentati, specialmente nel segmento a breve». Il banchiere centrale italiano aggiunge che «questo è preoccupante perché lo spread, diretta espressione della fiducia degli investitori nell’emittente sovrano, è un fardello che pesa su tutti nel paese, incluse le banche». Queste ultime «hanno sofferto in Borsa e le perdite dei loro portafogli di titoli di Stato hanno eroso la loro base di capitale». Angeloni aggiunge che fino ad oggi «lo shock negativo è stato assorbito senza effetti sul costo e sull’offerta di credito ma questo difficilmente continuerà se lo spread si allargasse ancora di più. Una contrazione del credito bancario può mettere in pericolo la ripresa che è già fragile per altri motivi».