La commissione lavoro del Senato ieri ha dato parere favorevole alla proposta di direttiva sul salario minimo presentata dalla Commissione Europea. Il testo, reso noto il 28 ottobre 2020, ha stabilito un quadro legale uniforme sul salario minimo nell’Unione Europea, nel rispetto delle competenze degli Stati membri e dell’autonomia delle parti sociali nella contrattazione. La proposta non ha fissato una misura obbligatoria per raggiungere il 60% del salario mediano lordo, né ha armonizzato le misure esistenti in 21 paesi membri su 27. L’orientamento della Commissione è «adeguare» i salari minimi esistenti e «garantire che i livelli» in vigore «non siano troppo bassi, perché i salari minimi in certi Stati membri rendono la vita impossibile. In questa situazione molto diversificata Bruxelles ha lasciato ai singoli governi la possibilità di definire un percorso attraverso la contrattazione collettiva oppure attraverso la definizione per legge di un livello legale minimo del salario. Una volta approvata la direttiva gli stati membri dell’Unione Europea avranno due anni per trasformare la direttiva in una legge nazionale.

«Indubbiamente un passaggio di grande rilevanza sarà il nostro contributo alla definizione e poi al recepimento della direttiva europea sulla rappresentanza e sul salario minimo, alla luce delle specificità del nostro sistema» ha detto il ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) in un’audizione alla commissione Lavoro del Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero tenuta l’11 marzo scorso. La questione è se definire il salario minimo legale attraverso una legge oppure attraverso la contrattazione, agganciando la misura ai minimi contrattuali e a una riforma della legge della rappresentanza richiesta dai sindacati. «In questo ambito – ha detto Orlando – potranno essere costruiti e declinati strumenti per il contrasto ai contratti pirati e alle false cooperative». A questo scopo è stato previsto anche «il completamento dei lavori della Commissione appena insediata dalla ministra Catalfo sulla separazione tra previdenza e assistenza». Il parere favorevole della Commissione lavoro del Senato è stato commentato favorevolmente dal Movimento Cinque Stelle che da tempo sta cercando di introdurre la norma in Italia senza successo. A Tale proposito in parlamento ci sono diverse proposte dei partiti, a cominciare dal Pd.

Nell’esame in commissione i Cinque Stelle hanno fatto includere alcune osservazioni, in particolare sull’introduzione di una soglia minima salariale inderogabile, che potrebbe raggiungere un duplice obiettivo, contribuire a spingere verso l’alto i minimi retributivi e rafforzare i contratti collettivi. «Una sorta di soglia-test di dignità ed adeguatezza, che opererebbe solo sulle clausole relative ai minimi salariali, se inferiori alla soglia individuata, lasciando quindi alla contrattazione collettiva, e dunque ai sindacati e alle organizzazioni datoriali, la prerogativa di regolare le altre voci retributive».

Un altro punto di vista sul salario minimo è stato fornito ieri da Assindatcolf in un convegno dedicato al tema. «A nostro avviso – spiega l’associazione – , l’unico salario minimo possibile è quello contrattato tra le parti sociali nel Ccnl e che, purtroppo, anche a causa di costi troppo elevati già non viene accettato in 6 rapporti di lavoro su 10. Al contrario si determinerebbero costi insostenibili per le famiglie, che farebbero aumentare il lavoro irregolare e le ingiustizie sociali».