Un logo che richiama le Olimpiadi invernali del 2026, un parterre di candidati e capolista giovane e impegnato nel sociale, l’attenzione ai concetti di sostenibilità ambientale e inclusione. Ma la prima domanda per Beppe Sala, che ieri ha presentato la sua lista per le amministrative di Milano, non può che essere sul nome del possibile avversario del centrodestra. Specie dopo le parole di Matteo Salvini che aveva evocato quello di Gabriele Albertini, già primo cittadino meneghino dal 1997 al 2006. «Salvini parla di candidati della società civile, ma i rappresentanti della società civile fanno fatica a mettere il proprio nome e la propria faccia vicini a quella di Salvini», risponde Sala. «Non sarebbe una sorpresa (la candidatura di Albertini, ndr) – aggiunge il sindaco – era già stato capolista di Parisi nel 2016 e per lui porto grande rispetto». Il leader della Lega aveva infatti definito Albertini «una bella sfida sui progetti per Beppe Sala», ma aveva pure lasciato intendere che il centrodestra non avesse (e non abbia) ancora raggiunto un’intesa sul nome del candidato.

Milano è indubbiamente una battaglia difficile per il centrodestra, non solo dopo gli errori nella gestione sanitaria da parte di Regione Lombardia (a trazione Lega-Forza Italia). E lo dimostra il fatto che sebbene siano state lanciate varie ipotesi ancora non sia stato trovato il cavallo su cui puntare. Si erano fatti i nomi di Paolo Veronesi, figlio di Umberto, di Sergio Dompé, imprenditore farmaceutico. E anche quello dell’ex milanista Franco Baresi. Nessun entusiasmo registrato sui sismografi del consenso popolare. Dunque, ancora nessuna decisione. Ma Sala sa che la destra a Milano punta se non a vincere, quantomeno a non perdere. Lo dicono le ore trascorse da Salvini, Meloni e Tajani (con Berlusconi in videocall) a discutere del futuro candidato. Per questo Sala dice ai suoi: «Voglio un risultato a doppia cifra, quindi, vedete cosa potete fare».
Tra le spine nel fianco del sindaco, comunque, non c’è solo Salvini. Ora che (formalmente) non fa più parte del Pd – ma ne conserva il sostegno – deve fare i conti con l’ipotesi di un’alleanza con il Movimento 5 stelle. Il segretario dem ci sta ragionando seriamente ma molto dipenderà dalla posizione di Conte. «Sarebbe prematuro parlarne ora, prima di capire quale sarà la loro collocazione politica», spiega. Poi torna a rivolgersi al Pd: «Noi a Milano abbiamo una forza estremamente significativa, però capisco che Letta guardi al M5S. Con questa legge elettorale bisogna puntare a mettere insieme più del 45%». Non esclude comunque un’apertura ai grillini e parla di un «tavolo politico aperto da lunedì al quale siederà chi vuole un confronto. Io, di natura, dialogo con tutti». A chi, però, gli ricorda che i renziani di Italia Viva e Azione di Calenda sono già pronti ad abbandonarlo in caso di un’apertura al Movimento, risponde: «Le scelte relative alla campagna le faremo a quel tavolo, anche con Renzi e Calenda. C’è da imparare da tutti».

Ma non basta, evidentemente per assicurarsi i numeri, né per rassicurare gli alleati. A stretto giro dalla conferenza stampa, infatti, arriva l’endorsement di Ettore Rosato (Iv) che gli ribadisce l’appoggio condizionato: «Sala avrà ancora molto da fare per questo Paese, dopo i prossimi 5 anni da sindaco di Milano. Ha governato bene e merita una riconferma – dice il coordinatore di Iv – ma noi dobbiamo essere fermi sui nostri principi, specie quando si parla del M5S».