L’ex capo della Polizia Municipale di Milano, Antonio Barbato, si è dimesso, si è fatto da parte assecondando le molte pressioni arrivate dalla politica e non solo. Sarà destinato ad altro incarico. Ne ha dato notizia ieri il sindaco di Milano: «Il comandante mi ha chiesto di essere destinato ad altro incarico –  ha detto Sala – Apprezzando la sensibilità dimostrata e tenendo in considerazione i 35 anni di servizio prestati per Milano, ho chiesto al direttore generale del Comune di individuare una nuova collocazione al di fuori della polizia locale».

Il sindaco incalzato dai giornalisti ha aggiunto: «Ha fatto una sciocchezza. Era impossibile che restasse al suo posto, al primo problema avremmo avuto tutti contro». «La decisione di sollevare il comandante Barbato dal suo incarico alla luce di quanto appreso fino ad ora ci pare la scelta più opportuna», commenta  su Facebook Anita Pirovano, capogruppo di Sinistra per Milano, aggiungendo: «Nell’imediatezza dell’emergere dei fatti avevamo sottolineato l’esigenza di tutelare il prestigio della funzione di comandante e così anche l’autorevolezza del nostro corpo di polizia locale nel suo insieme».

Barbato è stato coinvolto (come persona informata dei fatti e non come indagato) in una inchiesta della Dda di Milano che ha portato all’arresto di oltre dieci persone, ritenute referenti al Nord del clan catanese Laudani. Il capo dei Vigili avrebbe ricevuto una proposta per disporre il pedinamento di un vigile-sindacalista. All’interno dell’inchiesta sono finite diverse dichiarazioni di Barbato oltre che una serie di incontri, e intercettazioni, con Domenico Palmieri, ex sindacalista Uil arrestato a maggio e considerato uomo di fiducia del clan catanese.

Anche il consigliere comunale di maggioranza, Lista Sala, Franco D’Alfonso, è all’interno dell’inchiesta poiché intercettato in dialoghi con lo stesso Palmieri. Il consigliere è accusato di aver discusso uno scambio tra voti e appalti sull’Idroscalo. La bufera per ora ha spirato su Barbato che ha ricevuto da Palmieri l’offerta per il “controllo” di un vigile-sindacalista, da parte della vigilanza privata di Alessandro Fazio (anche lui arrestato a maggio), per monitorare l’uso delle ore di permesso sindacale. In cambio Barbato avrebbe dovuto fornire informazioni su appalti del comune sulla sicurezza. A quanto si apprende il rapporto tra Barbato e il suo sottoposto, Mauro Cobelli, segretario cittadino della Cisl al comune di Milano, non era idilliaco. L’ex capo dei vigili interrogato dai pm in un primo tempo ha dichiarato: «Anche se ho accettato la proposta di Palmieri non se ne è fatto mai niente», aggiungendo  di aver detto quel «sì» solo per sottrarsi alle pressioni.

Ruolo fondamentale nella vicenda è stato quello di Gherardo Colombo, ex pm a capo di “Mani Pulite” e ora alla guida del Comitato per la legalità e la trasparenza del comune di Milano che in mattinata aveva dichiarato con durezza: «Il solo ipotizzare di poter accettare l’ipotesi che una società di security faccia pedinare un proprio collega, con il quale sembra esservi in corso uno scambio di querele, depone in senso avverso alla correttezza che un comandante deve avere». Le parole di Colombo hanno contribuito non poco alla decisione di Barbato che ora potrà rivendicare la sua come una «scelta di responsabilità», e hanno di poco preceduto le parole di Sala.  L’ex pm ha specificato che la scelta sull’opportunità che Barbato continuasse a ricoprire il suo ruolo spettava solamente al Comune, e  ha chiuso la sua dichiarazione pubblica tuonando che «per ricoprire un incarico così delicato e vitale» per l’ordinato svolgimento della vita pubblica, sia indispensabile «il più ampio (se non addirittura, unanime) riconoscimento di una costantemente ineccepibile condotta che, quotidianamente, riaffermi la pubblica autorevolezza della carica e del ruolo».

Poche le parole dell’ex capo della polizia locale di Milano: «Quello che è accaduto è inverosimile. Mi sento in un Paese strano, mi hanno diffamato: ora mi concentrerò a preparare le cause».