Martedì scorso il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato una nuova risoluzione che proroga di altri sei mesi la missione di pace Minurso nel Sahara Occidentale.

Una risoluzione che ha visto l’astensione della Russia e del Sudafrica ed è stata votata dagli altri membri a causa, soprattutto, delle pressioni sia di Washington, firmatario del testo, che di Parigi, alleato e sostenitore del Marocco, ma che ha portato numerosi paesi – tra cui Germania e Belgio – a esprimere diverse perplessità sul testo finale, rimandato di alcuni giorni e ricorretto diverse volte, perché considerato troppo favorevole a Rabat.

«Il testo finale» – ha dichiarato l’ambasciatore sudafricano all’Onu, Jerry Matthews Matjila – «non è equilibrato e tende a favorire una parte a discapito dell’altra, compromettendo un processo politico che dovrebbe essere neutrale». Ancora più netta l’argomentazione di Mosca che si è rifiutata di firmare una risoluzione «ambigua» perché mette in discussione il principio stesso della Minurso: «una missione di pace che garantisca il principio di autodeterminazione del popolo saharawi e l’organizzazione di un referendum».

Un processo di pace che dura da quasi trent’anni (1991) e che, nonostante i recenti sforzi dell’emissario Horst Kohler, non sembra dare grossi risultati: i due round di colloqui di dicembre e marzo a Ginevra hanno portato le due parti ad un nuovo dialogo diretto, ma non hanno fatto registrare nessun tipo di progresso sostanziale, visto che entrambe le parti restano sulle loro posizioni.

Da parte sua Rabat sostiene una soluzione che preveda esclusivamente «l’autonomia di una regione considerata indivisibile e parte integrante del regno». Oltre a ciò il Marocco resta irremovibile riguardo ad eventuali aperture e richieste di Kohler relative alla liberazione dei prigionieri politici saharawi e all’autorizzazione di poter far entrare nei territori occupati degli osservatori indipendenti, per monitorare il rispetto dei diritti umani come «gesti conciliatori con l’obiettivo di far riprendere un processo di fiducia e di pace».

Lo stesso segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, nella sua relazione sul Sahara Occidentale dello scorso mese, aveva deplorato le «restrizioni imposte dal Marocco alla libertà di movimento del suo inviato speciale Kohler» per poter avere un contatto diretto con degli interlocutori locali nei territori saharawi o la costruzione di una nuova parte di muro e di fortificazioni militari da parte di Rabat (nella zona di Mahbes) considerate come «una grave violazione degli accordi di pace».

Dura la reazione del Fronte Polisario in risposta alla risoluzione visto che «il testo finale non tiene minimamente conto del rapporto del Segretario Generale Guterres, soprattutto per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani nei territori occupati, le restrizioni nei confronti di Kohler e la violazione del cessate il fuoco da parte del Marocco» come affermato da Sidi Omar, rappresentante del Polisario all’Onu.
«Non condannare fermamente queste violazioni» – ha affermato all’agenzia APS il segretario generale del Fronte Polisario, Brahim Ghali – «significa sostenere l’atteggiamento intransigente e repressivo del Marocco con un disinteresse anche nei confronti di Kohler e del suo tentativo di arrivare ad una soluzione pacifica del conflitto».

«Per quanto ci riguarda» – ha concluso Ghali – «l’unica soluzione rimane quella di concedere al nostro popolo il diritto inalienabile di decidere il proprio destino in maniera democratica, con l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione nel rispetto delle norme internazionali».