C’è stata un’altra strage nel Mediterraneo, tra martedì e mercoledì. Stavolta, senza Ong presenti, non ci sono foto né video. Così il mare ha risucchiato non solo le vite, ma anche le storie dei migranti scomparsi.

«Il 19 luglio sono partite sette barche dalle coste libiche: sei da Zuwara e una da Zawyia. Circa 500 persone sono state riportate indietro tra martedì e mercoledì dai guardacoste libici», dichiara a il manifesto Safa Msehli, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

Alcune di queste barche sono rimaste in mare due giorni. «Una era strapiena. Il nostro staff ha assistito i migranti dopo lo sbarco: erano totalmente esausti e disidratati. Alcuni hanno raccontato che una ventina di persone erano cadute in acqua, per il sovraffollamento, la stanchezza o le condizioni fisiche», continua Msehli.

I numeri dell’emergenza nel Mediterraneo ormai parlano chiaro: dall’inizio dell’anno quasi 17mila persone sono state riportate a forza in Libia dalla sedicente «guardia costiera» che l’Italia ha rifinanziato; 935 morti sono state accertate nel Mare Nostrum e di queste 792 lungo la rotta centrale (l’84,7%).

Intanto ieri è terminata la quarantena della Ocean Viking, di Sos Mediterranée, ferma da 10 giorni nel porto di Augusta dopo la missione in cui ha soccorso 572 persone. Un’altra buona notizia è arrivata da Burriana, in Spagna. La Sea-Watch 3 ha finalmente potuto mollare gli ormeggi dopo aver superato, il 15 luglio scorso, un Port state control delle autorità spagnole. È finito così il fermo amministrativo disposto il 21 marzo dalla Guardia costiera italiana.