Se capitate, per caso, nel rione Gescal di Pozzuoli potreste ascoltare dei canti domanda-e-risposta con l’accompagnamento di possenti tamburi provenire dalla chiesa del Santissimo Salvatore dove si celebrano funzioni religiose per la comunità africana, grazie alla presenza di don Felix Ngolo, sacerdote congolese cresciuto in Francia e da alcuni anni assegnato nella zona dei Campi Flegrei. Gran tifoso del Napoli e subito in sintonia coi suoi parrocchiani, ha vissuto in prima persona l’emergenza delle comunità straniere, attraverso l’ufficio diocesano della pastorale «Migrantes», accogliendo le ragazze di strada in una struttura sanitaria che le curava gratuitamente, organizzando un centro ascolto per i tanti precari senza fissa occupazione e inventando una mensa con pasti caldi (adesso chiusa, per l’aumento enorme del numero degli utenti), soprattutto creando un ponte tra il paese d’origine e quello del suo apostolato, fatto di adozione a distanza di bambini e di importanti progetti di solidarietà (una casa per partorienti e due scuole).
In quel caotico agglomerato urbano a nome Napoli e provincia, Padre Felix è uno dei tanti preti coraggio, sacerdoti di fede cattolica che si sono ritagliati un ruolo combattivo e necessario, organizzando associazioni di volontariato o semplicemente facendo opere di bene o lottando insieme, in quartieri difficili come Scampia, Sanità, Secondigliano, Ponticelli e luoghi infernali come il carcere di Poggioreale o le bidonville di Castelvolturno.

Li ha incontrati nel lavoro quotidiano e ha avuto l’idea di raccontarli, uno dopo l’altro, come in una foto di gruppo di tutti quelli che non si rassegnano, Ilaria Urbani, giornalista di Repubblica (cresciuta nella redazione di Metrovie, il supplemento partenopeo de il manifesto), in La buona novella-Storie di preti di frontiera (Guida editore, 200 pp, con foto, prefazione di Roberto Saviano, euro 12), una reporter non credente però curiosa, impegnata, attenta alla dimensione spirituale, a quegli umili antieroi che si prodigano per gli ultimi in un territorio flagellato da povertà, disagio, violenza. Nel nome di don Peppe Diana, il parroco innocente ucciso a Casal di Principe nel 1994, seguendo il filo del cattolicesimo socialmente impegnato, si susseguono tredici capitoli per i ritratti (proprio con le loro facce stranormali e sorridenti) di questi tredici pastori di greggi umane che vivono in quelle malandate periferie di cemento e disperazione dove le istituzioni si sono ritirate da tempo per la cronica mancanza di fondi e per le lungaggini burocratiche e anche gli imprenditori privati si sono dileguati sotto la pressione della crisi economica e della criminalità organizzata.

Sono l’altra faccia della cronaca nera che registra un pregiudicato inseguito e ucciso nel cortile di un asilo a Scampia o il ritrovamento di un arsenale nella cappella Santa Maria degli Angeli al Cavone, quella di padre Carlo De Angelis che spiega il suo operato tra la faida dei girati e l’esplosione dei venditori di droga nella zona fino all’arrivo dell’operazione Alto impatto a fine 2012. Da anni porta avanti una comunità di recupero per tossicodipendenti «La Sorgente» alle spalle del bosco di Capodimonte e ricorda tanti ragazzi che sembravano essersi liberati del «mostro» salvo ricaderci prima o poi. E così don Franco Esposito, da nove anni cappellano a Poggioreale, che prova ad alleviare le pene di detenuti che vivono in condizioni disumane, nella struttura carceraria sovraffollata e degradante, e cerca di sostenere le famiglie di coloro che finiscono dietro le sbarre, inventando anche un centro di volontariato (e un laboratorio di artigianato).

Le declinazioni possibili (e i nomi delle associazioni,cooperative,gruppi di volontariato) sono tante: don Tonino Palmese, tra i più esposti, referente in Campania di Libera di don Ciotti, avamposto della legalità, impegnato nel riutilizzo sociale dei beni confiscati, e don Aniello Manganiello ex parroco di Scampia, allontanato per le minacce camorristiche e per l’aperto dissenso nei confronti degli amministratori locali, che ha fondato l’associazione sportiva don Guanella; padre Antonio Loffredo, gran promotore della riscoperta culturale della zona della Sanità, con la cooperativa sociale «la Paranza» e il noto attivista padre Alex Zanotelli, don Gaetano Romano popolare tra i giovani di San Giovanni a Teduccio, battendosi contro il malessere sociale e padre Antonio Bonato, un comboniano che opera a Castelvolturno, impegnandosi nel doposcuola e nell’assistenza domiciliare (proprio qui, alla Casa del bambino, alle ore 18 di mercoledì 22, quindi domani, padre Alex Zanotelli presenterà il libro).

In questa mappa della sofferenza, ecco le figure di questi uomini comuni che presidiano il territorio, tra anelito alla spiritualità e gesti di massima concretezza, pronti a rimboccarsi le maniche e andare avanti seminando con l’esempio, con le buone idee, con un pizzico di fantasia e la voglia di far crescere la coscienza collettiva e riuscire a costruire un destino diverso e migliore per gli ultimi, gli emarginati, i bisognosi in questa casbah napoletana.