Ieri, il responsabile della Commissione Lavoro al Senato, Maurizio Sacconi, ha proposto di liberalizzare i voucher in agricoltura «come forma alternativa al caporalato utile a contrastarlo anche in termini di convenienza».

La nota pubblicata dall’ex-ministro del Lavoro afferma che «il contrasto del caporalato non può affidarsi soltanto alla repressione. Contestualmente al rafforzamento delle deterrenze è infatti opportuno agevolare la diffusione dei voucher per le attività di raccolta breve». Si sta quindi proponendo un’ulteriore liberalizzazione dei voucher, estendendola anche al settore dell’agricoltura. Finora, infatti, nonostante il JobsAct abbia aumentato il limite massimo di reddito percepibile attraverso il lavoro accessorio, che passa da 5000 a 7000 euro netti annui, i vincoli relativi al settore agricolo non sono stati rivisti. Secondo quanto disciplinato dalla legge Fornero e recepito dal JobsAct, nel settore agricolo, per le imprese con un fatturato annuo superiore ai 7000 euro, è possibile usare i voucher solo nel caso in cui i lavoratori siano pensionati, percettori di forme di sostegno al reddito (cassintegrati, disoccupati,…) e studenti sotto i 25 anni di età iscritti regolarmente a un corso di studi. La norma trae la sua ragion d’essere dalla natura del lavoro stagionale in agricoltura, che si manifesta e di conseguenza va disciplinato, come lavoro dipendente e non invece come lavoro saltuario e di breve durata, fattispecie che invece permette l’uso dei voucher.

La proposta di Sacconi può essere letta come l’intenzione di trovare un compromesso con le imprese a discapito dei lavoratori, intesi non tanto nella loro dimensione individuale quanto come corpo sociale. Da un lato, infatti, le imprese dovrebbero pagare più dei miseri 3 euro l’ora in nero, cioè i 9,33 euro orari previsti dal contratto collettivo del settore, che rimane, stando all’attuale normativa, vigente nel caso di utilizzo dei voucher per lavoro dipendente in agricoltura. Tuttavia i datori di lavoro sarebbero comunque esentati dal rispetto dei contratti nazionali di categoria in materia di orario e sicurezza sul lavoro. Dall’altro lato, i lavoratori riceverebbero qualcosa in più in termini di retribuzione e avrebbero diritto a un minimo di copertura assicurativa e contributiva ai fini pensionistici.

Tuttavia, se già i nuovi ammortizzatori previsti dal JobsAct riducono le tutele al reddito per i lavoratori stagionali, le proposte avanzate da Sacconi, sancirebbero definitivamente l’esclusione di questi lavoratori dalle prestazioni a sostegno al reddito. Come spiega l’Inps «lo svolgimento di prestazioni di lavoro accessorio non dà diritto alle prestazioni di sostegno al reddito dell’Inps (disoccupazione, maternità, malattia, assegni familiari, ecc..)»- tra l’altro gli unici previsti dall’ordinamento italiano. Inoltre, verrebbero esclusi tutti i lavoratori extracomunitari senza permesso di soggiorno, che non potrebbero neppure far valere il proprio lavoro per la regolarizzazione. Infine, una maggiore rotazione dei lavoratori, che potrebbero coprire solo “raccolti brevi”, normalizzerebbe la loro posizione precaria e nel migliore dei casi li consegnerà a un futuro pensionistico di povertà.

Infine, l’utilizzo dei voucher rende più ostica l’attività ispettiva, in quanto è sempre possibile dichiarare, durante, una verifica puntuale che il lavoratore è coperto in quel preciso momento da voucher, nonostante abbia effettuato molte più ore di lavoro in nero. Si capisce allora perché i voucher siano non soltanto utili secondo Sacconi, ma anche convenienti.