E ora che il governo ha una nuova fiducia, cosa ne sarà dei provvedimenti economici rimasti in sospeso la settimana scorsa, a causa della precipitazione innescata da Berlusconi? I nodi, come è noto, sono almeno cinque (se stiamo ai più urgenti): la seconda rata dell’Imu, il finanziamento della cassa integrazione, le spese per le missioni internazionali all’estero, la copertura dello sforamento del deficit pubblico. E il quinto? È l’Iva, tema che in realtà avrebbe dovuto essere messo in soffitta, essendo il rincaro (dal 21 al 22%) già scattato. Ma così non è, e anzi l’argomento alimenta ancora scontri.

Ieri però il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, subito dopo la votazione che ha confermato il governo guidato da Enrico Letta, ha escluso che sulla questione si possa ritornare: «Non c’è nessun decreto da fare –ha spiegato ai giornalisti, che gli chiedevano del destino del decreto di venerdì scorso, saltato all’ultimo momento – L’Iva è già legge, in forza di un decreto legge di Berlusconi del 2011 che l’ha portata a questo livello. Non c’è niente da fare».

Porte chiuse, quindi, da Saccomanni. Ma il mondo delle imprese, soprattutto gli artigiani e il commercio (colpiti più della grande industria), e quello dei consumatori, non ci stanno, e vanno all’attacco: il Codacons chiede un decreto per tornare all’aliquota del 21%. E un intervento di ripristino chiede anche la Cgia di Mestre, specificando però che non dovrà essere coperto da nuove accise sulla benzina e l’anticipazione di Ires e Irap, visto che le imprese «non ce la fanno più»: «La riduzione non dovrà avvenire attraverso l’introduzione di nuove tasse – dice il presidente, Giuseppe Bortolussi – La bozza di decreto in circolazione venerdì scorso prevedeva che il mancato aumento dell’Iva fosse coperto da un ritocco all’insù delle accise sui carburanti e da un aumento degli acconti Ires e Irap in capo alle imprese. Bisogna assolutamente trovare nuove coperture agendo sulla spesa pubblica improduttiva».

La legge di stabilità, che dovrà essere presentata entro il 15 ottobre, dovrà contenere secondo il governo alcuni punti fondamentali: taglio del cuneo fiscale, nuovo patto di stabilità interno per favorire gli investimenti, service tax. «Di cose da fare da domani mattina ce ne sono tante, prima tra tutte la legge di Stabilità», ha detto lo stesso Letta. Accanto alla legge di stabilità, si sta lavorando anche al decreto d’urgenza che dovrà “aggiustare”‘ le partite ancora aperte per il 2013, dal rientro del deficit ai soldi per la cassa integrazione, fino al rifinanziamento delle missioni internazionali e della social card.

Letta nel suo discorso di ieri aveva fatto riferimento a un nuovo rilancio della spendig review , utile – tra dismissioni, tagli e risparmi – a reperire risorse fresche per le tante priorità individuate: il premier ha individuato (facendone anche il nome) Carlo Cottarelli come prossimo commissario della spending (è direttore del dipartimento per gli Affari fiscali e di bilancio dell’Fmi). La legge di stabilità conterrà dunque anche la service tax, la tassa sulla casa che sostituirà l’Imu e accorperà anche la Tares. Ma per Letta si penserà anche al tagllio del cuneo fiscale. In arrivo, infine, sgravi fiscali per le start-up innovative e il rafforzamento dell’Ace (l’aiuto per la crescita economica). Infine, nei prossimi giorni il governo dovrebbe dare il via a un programma di dismissioni immobiliari, privatizzazioni e «razionalizzazione» delle società controllate.