Calda, ormai da anni, è l’estate No Tav. Le ultime tre settimane sono state un’escalation di fatti e interventi. Arresti tra le fila del movimento, l’incendio ai mezzi alla ditta Geomont che lavora per la Torino-Lione e, poi, le parole (con polemiche annesse) dello scrittore Erri De Luca («Giusto sabotare la Tav»), del filosofo Gianni Vattimo («In Valsusa non c’è terrorismo») e, in direzione opposta, del procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli: «Preoccupante il silenzio, rispetto alle violenze, di alcuni uomini della cultura, della politica, della pubblica amministrazione e dell’informazione, perché può partire dalla sottovalutazione del fenomeno per rasentare qualcosa di peggio: la connivenza». L’ultras Sì Tav, Stefano Esposito, senatore Pd che non ama fare il pompiere, evoca i Paesi Baschi: «Siamo alla “baschizzazione” della parte violenta No Tav».

Intanto, seppur i pasdaran dell’opera lo neghino a ripetizione, in Francia aumentano i dubbi sull’opera, Les Echos – principale giornale economico finanziario transalpino – ieri ha sottolineato le nubi che si addensano sulla Torino-Lione: il progetto non suscita entusiasmo, prosegue il cammino amministrativo «ma la questione del finanziamento non è ancora stata chiarita», nemmeno per quanto riguarda la quota francese (2,2 miliardi) del tratto internazionale in comune tra Parigi e Roma. Così facendo, ulteriori ritardi saranno inevitabili.

E in Valle? Mentre nei servizi dei telegiornali si adombrano scenari ogni volta più foschi, che aria si respira? «Noi abbiamo l’impressione che la repressione aumenti perché sono alla frutta. E tutto ciò si tramuta in una criminalizzazione scomposta», dice Nicoletta Dosio, insegnante in pensione e memoria storica del movimento. «Sentiamo tanto livore, ma anche tanta solidarietà – continua –; colpiscono i nostri giovani per colpire il futuro e dividere il patto tra generazioni che si è instaurato qui da noi». Dosio è stata sentita nei giorni scorsi dai magistrati della Procura di Torino insieme a Gianni Vattimo e Luca Abbà. Convocati perché il 15 agosto visitarono il carcere di Torino; l’europarlamentare Idv li presentò come i suoi consulenti. La Procura vuole chiarire se questa dichiarazione costituisce oppure no un reato di falso ideologico, visto che nessuno dei due ha un rapporto di consulenza ufficiale con Vattimo. «Consulo in latino significa consulto e consiglio. E chi ha bisogno di consigli va da chi se ne intende – spiega Dosio – è da tempo che conosco il professore e spesso si rivolge a me sul tema Tav».

La piccola delegazione aveva incontrato il No Tav Davide Giacobbe, arrestato il giorno prima con l’accusa di aver aggredito un sovrintendente di polizia nei pressi del cantiere di Chiomonte. «La vera violenza è quella dello Stato che militarizza il territorio per realizzare un’opera inutile», disse in un’intervista a La Repubblica il filosofo Vattimo, che si scolla l’etichetta di “cattivo maestro”: «Loro teorizzavano la lotta armata. Io mi limito a difendere i blocchi stradali».

La notte del 30 agosto i carabinieri avevano fermato a Venaus una macchina. A bordo ci sono due studenti universitari che trasportavano, a detta degli inquirenti, razzi, molotov, cesoie, fionde, chiodi a tre punte. Si chiamano Davide Forgione, 21 anni, del centro sociale Askatasuna, e Paolo Rossi, 26 anni. Vengono arrestati. Il giorno dopo Gian Carlo Caselli, illustrando l’operazione, lancia l’allarme: «L’escalation delle violenze in Val Susa è preoccupante». E accusa, rivolgendosi alla politica: «Preoccupante è la connivenza». Il movimento non ci sta – incassa la solidarietà di Giorgio Cremaschi e il monito di Erri De Luca – e solleva dubbi sulla natura dell’incendio a due mezzi della Geomont di Giuseppe Benente, titolare dell’azienda, che annuncia di voler lasciare l’Italia: «La Val Susa non è tranquilla». Da domani, a Chiomonte, campeggio nazionale studentesco No Tav, fino al 9 settembre: dibattiti, concerti e iniziative di lotta. Sabato presidio di solidarietà a Paolo e Davide sotto il carcere delle Vallette.