Quando le dicono che è la nuova Nathalie Dessay, per farle un complimento, sorride. «Quando studiavo al conservatorio era il mio ideale, mai mi sarei potuta immaginare di essere paragonata a lei». Timida e garbata, lo sguardo profondissimo, c’è da giurare che il paragone davvero non dia fastidio a Sabine Devieilhe, trentaduenne star della lirica francese che giovedì scorso ha debuttato a Roma in concerto con tre mirabolanti arie da concerto mozartiane, incluso quel Popoli di Tessaglia che porta la voce a salire all’estremo sol sopracuto. Sono arie scritte per Aloysia Weber, che Mozart ha amato, oltre ad amare la sua voce. «Sento moltissimo queste arie che sembrano scritte per la me, mi commuovono sempre le circostanze in cui vennero composte. Credo la voce di Aloysia fosse estremamente leggera, pur mantenendo  una tonalità molto drammatica. Immagino che Mozart si sia innamorato di Aloysia Weber dal momento in cui l’ha incontrata, ascoltandola fare i suoi vocalizzi in casa, con una voce che toccava gli estremi acuti senza far percepire la minima difficoltà.  È un aspetto speciale della scrittura di Mozart per le arie dedicate a Aloysia». Le arie da concerto sono teatro in miniatura, ma la scrittura è fortemente strumentale: «C’è una forte componente strumentale nella scrittura delle arie, ci ricorda che Mozart è figlio dell’epoca barocca. Ciò che distingue il suo genio e lo rende impareggiabile è il suo dono per il teatro.  Attraverso una melodia apparentemente semplice, mediante  il gioco delle tonalità, l’uso della prosodia, dell’armonia, Mozart  rende una ricchezza di affetti molto palpabile. Tolte dal concerto queste arie potrebbero figurare bene in un’opera teatrale».

La vocalità acutissima di Sabine potrebbe forse modificarsi nel corso della sua carriera: «Sono un vero soprano di coloratura francese, ho una leggerezza vocale che mi permette una pronuncia chiara del testo,  gli acuti estremi ovviamente,  ma non credo che  la mia voce potrà evolversi in quella di un soprano lirico. Certamente è maturata,  mi sento sempre più a mio agio nel repertorio che canto da almeno cinque o sei anni, mi piace fare qualche piccola incursione nel belcanto, come in Sonnambula,  oppure in Rigoletto, perché debutterò a breve come Gilda. Ma canto sempre con la mia voce, non voglio snaturarla in nessun modo e anzi vorrei il più possibile poter trarre il meglio dal mio registro sopracuto. Non ci saranno cambiamenti  di repertorio ma aggiungerò dei personaggi nuovi, come Zerbinetta di Strauss, a Aix en Provence il prossimo anno e Sophie del Cavaliere della rosa».

Affabile e senza darsi nessuna aria da star, chi incontra l’artista francese non potrebbe sospettare che sulla scena canti con una disarmante facilità musica difficilissima. Come si fa a mantenere l’equilibrio?: «Più sono coinvolta in produzioni che mi costringono a spostamenti, più sento il bisogno di tornare a casa, stare con la mia famiglia, crescere mio figlio che è piccolo, ritrovare l’equilibrio fra vita professionale e personale. Chiaramente non devo cambiare la mia personalità, sono una persona piuttosto timida, ma amo viaggiare, ho la possibilità di incontrare persone nuove e adoro il mio lavoro, questa scoperta  musicale continua è un’esperienza talmente vivificante che accetto di lasciare i mie cari anche per periodi relativamente lunghi».