Fino a ieri in Ryanair non potevi scioperare, iscriverti al sindacato e non potevi fare causa di lavoro. Era lo stesso contratto a prevedere che in questi tre casi la compagnia di Micheal O’Leary ti poteva licenziare immediatamente: la cosiddetta «clausola di estinzione». Erano le norme con cui Ryanair risultava un muro di gomma per i sindacati di tutta Europa: i lavoratori – assistenti di volo in testa – appena sentivano parlare un delegato, scappavano impauriti.
Ieri una ordinanza del giudice Monica Bertoncini del tribunale del lavoro di Bergamo – nel vicino aeroporto di Orio al Serio la low cost ha la sua base italiana più grande – ha condannato Ryanair dichiarando «discriminatorie» queste norme e condannando Ryanair a pagare 50mila euro alla Filt Cgil che ha intentato causa.
Le ventidue pagine di ordinanza rappresentano il colpo più duro finora inferto al muro di Ryanair in Italia. Un muro che ha già iniziato a infrangersi con il riconoscimento del sindacato piloti Anpac e delle trattative per un contratto italiano per i (soli) piloti. Un processo iniziato con la crisi di Ryanair della scorsa estate quando proprio l’esodo dei piloti verso altre compagnie che garantivano salari e condizioni di lavoro molto migliori aveva costretto la compagnia a cancellare migliaia di voli con conseguente perdita di immagine.
La difesa di Ryanair è una summa della strategia delle multinazionali del web e dei giganti della gig economy: «difetto di giurisdizione». In altri termini: non riconosciamo la giustizia italiana. «Siamo irlandesi», «il contratto che applichiamo è irlandese», «non abbiamo una stabile organizzazione a Orio al Serio», «la Filt Cgil (come tutti gli altri sindacati) non è stato riconosciuto da noi perché non abbiamo alcun dipendente iscritto». Solo alla fine, come subordinata delle subordinate, «altre aziende hanno applicato analoghe».
Nella sentenza la giudice cita perfino la celeberrima frase di Micheal O’Leary: prima che la Ryanair venga sindacalizzata si “ghiaccerà l’inferno”. Poi basandosi su molte sentenze delle corti europee, ha deciso che i tribunali italiani hanno competenza.
La richiesta della Filt Cgil di cancellare la norma non è stata accolta semplicemente perché per il diritto irlandese potrebbe ritenerla non discriminatoria. Ma nell’ordinanza si legge: «L’unica concreta modalità attraverso la quale è possibile la rimozione della condotta discriminatoria è quella di dare adeguata pubblicità al presente provvedimento» che comparirà – a spese di Ryanair – su Corriere e Sole24Ore.
«Un’altra importante vittoria della nostra organizzazione nella battaglia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori di Ryanair», commenta la Filt-Cgil spiegando che «il giudice ha dichiarato il carattere discriminatorio del comportamento tenuto da Ryanair che prevedeva la cessazione del rapporto degli assistenti di volo nel caso in cui il lavoratore effettuasse interruzioni di lavoro (work stoppages) o intraprendesse qualunque altra azione di natura sindacale».
«Si tratta – aggiunge una nota della Cgil – di una sentenza innovativa ed esemplare destinata ad essere un punto di riferimento nella battaglia che conduciamo per i diritti dei lavoratori della compagnia irlandese».
Ancora nessun commento da parte di Ryanair.