Secondo la Cnn l’indagine sul Russiagate condotta dal procuratore speciale Robert Mueller è arrivata al punto in cui potrebbero essere spiccati i primi capi di accusa approvati da un gran giurì di Washington. E lunedì dovrebbero scattare i primi arresti. I nomi più probabili di chi potrebbe dover rispondere alle accuse sono quelli di Paul Manafort, ex curatore della campagna presidenziale di Trump, e di Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza della Casa Bianca.

Il viceministro della Giustizia Rod Rosenstein che supervisiona l’inchiesta in quanto il ministro Jeff Sessions è stato ricusato, conosce già i capi di accusa. Mueller lavora all’indagine da quando James Comey, che era a capo dell’Fbi, è stato licenziato da Trump, e ha mantenuto un profilo basso probabilmente anche per evitare di ricevere ancora più pressioni.

Negli ultimi giorni dalla Casa bianca sono arrivate voci screditanti nei confronti di Mueller e i repubblicani al Congresso hanno annunciato l’apertura di due inchieste che coinvolgono Hillary Clinton; una sulla gestione dell’e-mailgate da parte del dipartimento di Giustizia, l’altra sull’accordo del 2010, quando Clinton era segretario di Stato, con cui la società russa che gestisce il settore nucleare, ha ottenuto il controllo di gran parte dell’uranio statunitense.

All’epoca gli Usa cercavano di coinvolgere Mosca nell’accordo sul nucleare iraniano, secondo il sito di analisi politica PolitiFact. Forse l’accordo è stato autorizzato perché era così cruciale, inoltre l’uranio non può essere esportato dalla Russia, quindi è «in parte falso affermare che l’uranio ora è russo», fa notare Oilprice.com.

Ben diverso il peso delle accuse che potrebbero essere fatte lunedì allo staff di Trump.