I repubblicani del comitato di intelligence della Camera hanno divulgato una versione del loro rapporto dell’indagine, durata un anno, sul Russiagate le cui conclusioni liberano Trump e i suoi associati dalle accuse di collusione, puntando invece il dito contro la comunità di intelligence e l’Fbi, colpevoli di aver fallito nel modo in cui hanno valutato e risposto all’interferenza del Cremlino nelle elezioni del 2016.
Il rapporto suggerisce che l’obiettivo principale della Russia era di seminare discordia negli Usa e afferma che gli investigatori non hanno trovato «alcuna prova che la campagna elettorale di Trump sia stata collusa, coordinata o abbia cospirato con il governo russo», anche se dettaglia i contatti tra membri ufficiali della campagna di Trump e intermediari russi.

Il rapporto è stato accolto con scetticismo e critiche da parte dell’ala democratica del comitato, che ha affermato che i colleghi repubblicani si sono affrettati a terminare prematuramente il loro lavoro in un «tentativo sistematico di intorbidire le acque e di allontanare l’attenzione dal presidente».

I democratici hanno pubblicato le loro scoperte sul caso, dove si afferma che l’intelligence russa «ha usato diversi tipi di intermediari per sondare, stabilire contatti e possibilmente raccogliere informazioni preziose da un gruppo eterogeneo di attori associati al presidente Trump e alla sua campagna», sebbene sia necessario altro lavoro al fine di determinare se e fino a che punto questi erano consapevoli o hanno contribuito a tale sforzo.

Nelle stesse ore il New York Times ha pubblicato la notizia che Natalia Veselnitskaya, l’avvocato russo che ha incontrato i funzionari della campagna Trump nel giugno 2016, con la premessa di rivelare informazioni dannose su Hillary Clinton, nonostante abbia sempre detto di non essere un agente del Cremlino, in realtà contatti ne avrebbe avuti. Le e-mail pubblicate mostrano che in almeno un caso risalente a due anni prima, l’avvocato ha lavorato a stretto contatto con l’ufficio legale principale della Russia e la stessa Veselnitskaya durante un’intervista trasmessa dalla Nbc, ha riconosciuto di non essere un semplice avvocato privato ma una fonte di informazioni per un alto funzionario del Cremlino, il procuratore generale Yuri Chaika.

A intorbidire le acque che i repubblicani cercano di calmare come possono, si è aggiunto anche Michael Cohen, avvocato di Trump nel mirino dell’indagine indipendente sul Russiagate diretta da Robert Mueller, che ha dichiarato che se interrogato sul pagamento alla porno attrice Stormy Daniels riguardo una sua relazione sessuale con Trump, si appellerebbe al quinto emendamento che concede la facoltà di non rispondere per evitare un’auto incriminazione.