«Referendum in Grecia: il popolo decide cosa rispondere ai creditori europei» titolava Rt, che venerdì aveva riportato la sintesi del discorso con cui Tsipras chiamava i greci a «superare paura e ricatti» e le parole di un sostenitore del No «Non vogliamo più essere schiavi dell’Europa e della Germania».

L’ufficiale Rossijskaja Gazeta giudicava ieri le intimidazioni del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz all’elettorato greco come «evidente e diretta pressione nel giorno del voto. La questione come ciò possa conciliarsi coi valori democratici europei appare retorica».

Il sito del Pc russo ha riprodotto invece parte dell’appello del Kke «Sì o No sono diversi solo formalmente, dato che porteranno a un nuovo memorandum con misure antipopolari. «Si deve votare la scheda con la scritta No alla proposta di Ue, Fmi e Bce. No alla proposta del Governo. Liberazione dall’Ue, con il popolo al potere».

Il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov, si è limitato a un pilatesco «è prima di tutto una questione tra la Grecia e i suoi creditori», evitando di esprimersi sul possibile aiuto finanziario da parte dei paesi Brics, che si riuniranno dal 8 al 10 luglio a Ufa, in Baškirija.

In generale, non si sono notati commenti di alcun genere da parte dei leader politici russi e la maggior parte dei media si è limitata a riprodurre le dichiarazioni di Tsipras e Varoufakis o quelle di esponenti europei, sia per il No che per il Sì e non si è andati oltre considerazioni economiche.

La Tass assicura che il possibile default della Grecia sarà sconvolgente per l’Unione europea, ma non per la Russia e gli esperti citati dall’agenzia pronosticano le possibili conseguenze positive (per la Russia) di un’eventuale uscita della Grecia dall’eurozona. Seguendo la linea che vede da tempo Mosca strizzare l’occhio all’antieuropeismo di marca sciovinista, il presidente di «Neokon», Mikhail Khazin parla della «comparsa in Europa di contro-élite» tra le quali affastella Alexis Tsipras insieme a Marine Le Pen, Matteo Salvini e Viktor Orban, le quali «non vogliono stare al guinzaglio degli Usa. L’obiettivo di Washington è quello di infrangere i legami energetici tra Russia e Ue, per impedire la posa del gasdotto Turkish Stream attraverso la Grecia e costringere così l’Europa ad acquistare idrocarburi dagli Stati Uniti».

Su Rbth, Anna Kokoreva scrive che «il calo della dipendenza dagli investitori esterni potrebbe influire sulla politica estera della Grecia nei confronti della Russia» e Elizaveta Belugina: «ci aspettiamo un calo dell’euro e un rafforzamento del dollaro. L’indebolimento del rublo avrà effetti benefici sull’economia russa: dal default greco non dovrebbero esserci conseguenze negative». Ma «La Russia può aiutare la Grecia?» si chiede Rbth: Aleksej Kozlov dice che «la questione degli aiuti ad Atene ha carattere sia economico che politico» e secondo Anton Soroko, di «Finam», l’eventuale «soccorso alla Grecia inasprirebbe i rapporti fra Russia e paesi dell’Ue».

Più «schierata» con le scelte di Syriza, Sputniknews scrive che «Sorge il dubbio che qualcuno irresponsabilmente stia «facendo un test» sulla dissoluzione dell’Unione europea»; e a proposito della pianificata ristrutturazione del Pireo: «Se si considera che vi è un forte interesse cinese e russo, si potrebbe supporre che non sia l’economia, ma la geopolitica la vera causa delle decisioni di Bruxelles e della Troika».

Ria Novosti, mentre ammette che sui greci abbia influito la guerra di informazione scatenata contro Tsipras da media privati e personaggi dello spettacolo, dalla chiesa, militari greci e esponenti Nato, scrive che gli appelli di Tsipras per il «No» richiamano una «diretta analogia con il deciso “No” dei greci all’Italia nel 1940, in risposta all’ultimatum con l’ingiunzione di ammettere le truppe italiane sul territorio greco.

Allora il «No» significò l’ingresso della Grecia nella seconda guerra mondiale; ora può voler dire un significativo peggioramento dei rapporti coi creditori».

E proprio in materia di guerra e rapporti con l’Europa, un sondaggio del Centro Levada del giugno scorso rilevava come sia balzata dal 8% al 23% la percentuale dei russi che vede i paesi europei come potenziali aggressori a guinzaglio degli Usa.