Russia e Cina sembrano decise a seguire un’iniziativa comune sull’Afghanistan, e l’iniziativa non riguarda tanto l’ipotesi di interventi diretti nel paese, ormai sull’orlo di una catastrofe umanitaria, quanto le conseguenze che la crisi produrrà nei rapporti fra le grandi potenze. I due presidenti, Vladimir Putin e Xi Jinping, hanno discusso ieri il dossier nel corso di un lungo confronto telefonico. Il principio è chiaro. «Se le scarpe si adattano, è noto soltanto a chi le indossa», ha detto Xi secondo i resoconti dei media cinesi.

PUTIN LO AVEVA DELINEATO in modo più diretto una settimana fa di fronte alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, parlando di «lezione che tutti dovrebbero apprendere». La lezione sarebbe la seguente: «Non si può imporre il proprio stile di vita ad altri popoli». Il caso afghano offre, insomma, a Putin e Xi ineguagliabili argomenti a sostegno delle loro tesi sulla fine dell’egemonia americana e sulla necessità di trovare un nuovo sistema per affrontare le grandi crisi globali. Questo approccio potrebbe essere preso in esame già a partire dal vertice del G20 che il premier italiano, Mario Draghi, cerca di anticipare da ottobre all’inizio di settembre proprio per vedere seduti allo stesso tavolo tutti gli attori di una possibile soluzione.

FIN QUI IL LATO POLITICO della faccenda. Esiste, poi, il lato pratico, e su quello Putin e Xi potrebbero essere chiamati sempre in sede di G20 a un impegno materiale e anche a uno sforzo di condivisione. Per adesso nel loro colloquio al telefono i due si sono limitati a definire i problemi legati all’ascesa dei Talebani, ovvero terrorismo e traffico di droga. Non è chiaro, però, se abbiano discusso azioni concrete.
Il punto sul quale molti si interrogano è proprio questo: Putin ha davvero un piano per l’Afghanistan? I segnali in arrivo dal Cremlino non sono affatto univoci. In Russia i Talebani sono considerati un’organizzazione terroristica. Per i giornali riportare il loro nome significa violare la legge. Eppure il paese ha ospitato più volte i loro rappresentanti per colloqui e negoziati, l’ultima soltanto un mese fa, alla vigilia del disastroso ritiro ordinato dal presidente Usa.

QUESTO ATTEGGIAMENTO, per alcuni versi ambiguo, dipende da un calcolo che il governo russo ha concluso da tempo, come ha scritto Dmitry Trenin del Carnegie Endowment for International Peace. «L’idea che i talebani avrebbero ripreso, alla fin fine, il potere, si trova già da anni nei ragionamenti dei nostri politici. Erano preparati a questo risultato. E si sono comportati di conseguenza. Sul piano diplomatico hanno aperto il dialogo con i Talebani. Sul piano militare hanno rafforzato la collaborazione con Uzbekistan e Tagikistan». Per la Russia, dice sempre Trenin, il problema non è chi comanda in Afghanistan. Il problema è che l’Afghanistan possa diventare una minaccia per la stabilità della regione, in particolare sul fronte del terrorismo.

«Dobbiamo impedire che lo stato afghano collassi», le parole di Putin. Nonostante i rapporti allarmanti sui Talebani, gli esperti del Cremlino continuano a parlare di una «transizione graduale» il cui esito sarebbe ancora adesso aperto. Anche sul terreno i russi si muovono con estrema cautela, più di quanto le dichiarazioni ufficiali lascino intendere. L’ambasciata è rimasta aperta. Al capo della sede diplomatica, Dmitry Zhirnov, i Talebani si sono rivolti chiedendo di trasmettere un messaggio agli afghani del Panshir per arrivare a un accordo sul governo del paese. «Stanno cercando un modo pacifico per risolvere la questione», ha detto Zhirnov.

MA IERI, PER LA PRIMA VOLTA dal ritiro degli Stati Uniti, il ministero della Difesa ha fatto sapere di avere inviato quattro aerei da trasporto per evacuare circa 500 cittadini da Kabul: russi, bielorussi, kirghisi, tagiki, uzbeki e ucraini. Dopo le prime rassicurazioni sulle condizioni nella capitale, ora la Russia ammette implicitamente che il livello di rischio è elevato. Il governo ha dato anche il via libera all’asilo politico per mille cittadini afghani che lasceranno il paese nelle prossime ore.