Quella in Ucraina i russi continuano a chiamarla «operazione speciale», come ha stabilito il presidente, Vladimir Putin, il 24 febbraio, e come la Duma ha ribadito qualche giorno più tardi con una legge approvata all’unanimità che prevede quindici anni di carcere per i resoconti diversi da quelli ufficiali.

Ma quando si parla di Nato, sui giornali, nei dibattiti politici e anche nei programmi televisivi il termine più usato è «guerra», «guerra aperta», con tanto di dettagli sui piani che gli Stati Uniti e i paesi europei stanno preparando, e sulle armi di cui la Russia dispone per respingere la minaccia.

DUECENTODUE SECONDI per incenerire Londra con uno dei nuovi missili ipersonici Sarmat, è stato detto di recente sul primo canale. Duecento per Parigi. Centosessanta per Berlino. Quindi per la versione putinista in Ucraina l’esercito porta avanti una «operazione speciale», nel quadro ben più ampio della «guerra» in corso con l’occidente.

È una distinzione completamente artificiale. E mostra tutta l’ambiguità con cui il Cremlino affronta questa delicata fase. In questa traccia devono essere inserite le parole usate ieri nella cerchia di Putin di fronte al nuovo passo che la Finlandia ha compiuto verso la Nato. «Adotteremo tutte le misure necessarie per garantire la nostra sicurezza», ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, secondo il quale il tenore della reazione dipenderà «dalla vicinanza delle infrastrutture dell’Alleanza ai confini russi».

SECONDO IL MINISTRO degli Esteri, Sergei Lavrov, «la Nato vuole creare un nuovo fronte contro la Russia». Ma il più severo è stato l’ex presidente ed ex premier Dmitri Medvedev, che ha collegato il caso Finlandia a quello Ucraina. Per Medvedev, «mandare armi a Kiev, attrezzare le truppe ucraine con equipaggiamento occidentale, inviare mercenari e organizzare esercitazioni vicino ai nostri confini aumenta la possibilità di un conflitto aperto tra la Nato e la Russia, dopo la guerra per procura che l’Alleanza già conduce».
Avverte, quindi, Medvedev: «Questo tipo di conflitto rischia sempre di trasformarsi in una guerra nucleare. Lo scenario è catastrofico per tutti».

MEDVEDEV È IL NUMERO due del Consiglio di sicurezza, l’organismo che comprende le massime figure istituzionali del paese. È la figura pubblica che negli ultimi mesi ha mostrato maggiore aggressività nei rapporti con i governi europei.

Nel 2008, quand’era salito al Cremlino, aveva alimentato le speranze di apertura della Russia, forse per il semplice fatto di non essere Putin. Oggi, dopo un lungo periodo non proprio alla ribalta, è fra gli uomini più in vista sulla scena politica, grazie anche ai numerosi attacchi a quello che a Mosca è definito oramai «occidente collettivo». Un mese fa si è rivolto al presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, chiamandola «zietta europea».

L’Unione, ha detto allora, non vuole ridurre in alcun modo le sofferenze del popolo ucraino: con le sanzioni cerca soltanto di spingere la Russia verso la catastrofe finanziaria, ma la catastrofe potrebbe avvenire in Europa, anziché nel nostro paese. Il ragionamento sull’ingresso della Finlandia nella Nato e sulle minacce al confine segue lo stesso schema. Voi cercate di danneggiarci, ma potreste diventare vittime delle vostre stesse azioni.

NEL CONCRETO, la prima contromisura i russi potrebbero adottarla sul piano energetico. Secondo il quotidiano finlandese Iltalehti il governo di Helsinki ha saputo che Gazprom potrebbe tagliare le forniture di gas a partire già da oggi, con un paio di settimane di anticipo rispetto alla scadenza del 23 maggio entro la quale il Cremlino ha fissato il pagamento in rubli per il suo combustibile. Gazprom ieri ha fatto peraltro sapere che smetterà di usare la sezione polacca del gasdotto Yamal, una infrastruttura strategica per la sicurezza europea.

Mercoledì era stata l’Ucraina a bloccare i trasferimenti sul suo territorio citando problemi di sicurezza in quella che è parsa, però, una decisione sostanzialmente politica, il cui obiettivo è ottenere maggiore impegno dall’Europa sulle questioni che legano Kiev e Bruxelles.
Così l’Unione perde rapidamente quote di gas per il suo fabbisogno. E i colloqui sul nuovo piano energetico europeo riprenderanno solamente mercoledì.