Si allarga sempre di più nella società civile russa il fronte della protesta contro le esemplari condanne dai 6 a 18 anni di carcere “duro” inflitte dal tribunale di Penza a 7 attivisti anarchici e antifascisti russi per avere creato la “Rete” (in russo Set), una presunta “comunità terroristica” mai in realtà entrata in azione. A scendere in campo con un durissimo comunicato pubblicato sull’autorevole portale scientific.ru sono stati per primi, qualche giorno fa, centinaia di scienziati: «Una condanna così severa si basa su “prove” estremamente dubbie. I condannati hanno ripetutamente riferito di torture a cui sono stati sottoposti per ottenere una confessione, tuttavia queste dichiarazioni sono state praticamente ignorate durante le indagini e il processo» si legge nel testo diffuso. Per gli scienziati ci si troverebbe di fronte a una montatura: «A differenza dei fittizi “attacchi terroristici” che i condannati presumibilmente “pianificarono”, la sentenza sul caso della “Rete” è un vero atto di terrore che infligge un duro colpo alle fondamenta stesse dello Stato russo. Il terrore contro i propri cittadini è incompatibile con il normale sviluppo del nostro paese ed è dannoso per la sua scienza, cultura e formazione». In calce oltre 3mila firme di studiosi dell’accademia delle scienze e professori di fama mondiale come l’astrofisico Sergey Popov, il matematico Anatoly Vershik, il biologo Michail Gelfand.

La eco di tale presa di posizione è giunta fino al Cremlino. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha dichiarato che l’iniziativa degli scienziati è nota al presidente che “la sta esaminando”. Lo scandalo provocato dall’“esemplarità” delle pene e l’ombra di sevizie sugli accusati sta mettendo in difficoltà l’intero establishment anche perché un’altra petizione per la revisione del processo ha raccolto in rete in pochi giorni oltre 30mila firme. Anche i pittori e i galleristi di Mosca hanno voluto rendere nota la loro indignazione con un una dichiarazione pubblica.

Il presidente e deputato di Russia Giusta Sergey Mironov, da sempre alleato di Putin, ha voluto in questa occasione smarcarsi dal presidente inviando 2 appelli alla procura e alla Corte suprema in merito al caso della “Rete”. Secondo Mironov, gli imputati hanno affermato di aver confessato sotto tortura, ma le autorità di polizia non hanno “condotto un serio esame di queste accuse e la corte non ha richiesto ulteriori prove di colpa”. Mironov ha affermato anche che le forze dell’ordine devono o smentire le accuse di violenza fisica o ammettere le violazioni e consegnare i loro autori alla giustizia.

A far scricchiolare ancora di più la posizione della Fsb e della magistratura c’è la decisa entrata in campo di alcuni dei nomi più altisonanti del rock russo come Kostantin Kincev vocalist del gruppo Alisa che ha dedicato un pezzo ai condannati nel suo concerto moscovita di domenica.

E l’altro ieri, con un’iniziativa davvero unica nel suo genere, decine di librerie in tutta la Russia hanno deciso di tenere abbassate le serrande dopo che libri anarchici e marxisti erano stati portati a prova della colpevolezza degli accusati. «Come puoi vendere libri belli, eterni e buoni quando le persone vengono torturate? Come si può essere chiamati a entrare in empatia con gli eroi dei propri libri preferiti, quando per un pensiero espresso in un testo puoi essere pesantemente condannato? Come possiamo sollecitare la valorizzazione dei classici quando libri di ogni scuola o biblioteca vengono condannati dalla corte?», hanno sottolineato i librai per ricordare le ragioni del loro sciopero.