Da mercoledì per i cittadini statunitensi è proibito alloggiare negli alberghi di Cuba e comunque in qualunque proprietà vincolata ad alti funzionari del governo e del partito comunista cubani. Non solo, per loro è vietato anche acquistare sigari e rum cubani. Il nuovo ukase è stato lanciato dal presidente Trump alla Casa bianca durante un incontro con alcuni dei mercenari che nel 1961 parteciparono alla fallita invasione di Cuba nella Baia dei porci.

Non vi è limite alla furia di Trump di eliminare qualsiasi ostacolo possa frapporsi al la sua rielezione alla Casa bianca, anche compromettendo i principi fondativi del suo paese: la libertà individuale. Obiettivo: vincere le presidenziali in Florida, che con i suoi 29 voti elettorali è uno degli stati chiave per giungere alla presidenza. Gli ultimi sondaggi danno il candidato democratico Joe Biden in testa per una manciata di punti. Un vantaggio però che aumenta nell’elettorato ispanico della Florida, che giustamente non si fida di The Donald. Da qui la necessità di Trump di stringere ulteriormente il garrote attorno alla gola del governo cubano per tentare di recuperare fino all’ultimo voto della contra anticastrista.

Il nuovo editto del presidente proibisce anche «l’organizzazione di – o la partecipazione a – riunioni professionali o conferenze in Cuba», come pure «la partecipazione a determinati eventi pubblici», come ha successivamente spiegato un comunicato ufficiale del Dipartimento del Tesoro, incaricato di far attuare le nuove misure. Come al solito, Trump afferma che tale politica volta a far cadere il governo cubano è a favore «della democrazia» e del «benessere dei cubani».

La realtà è drammaticamente diversa. Le ultime misure hanno lo scopo di strangolare il settore turistico dell’isola, lasciando agli statunitensi l’unica opzione di affittare alloggi in case private, purché i loro prorietari non abbiano alcun vincolo con lo Stato cubano. Sarà il segretario di Stato, Mike Pompeo, a «identificare le proprietà controllate dal governo cubano». Per ora il responsabile del Dipartimento di Stato per la politica degli Usa verso Cuba e il Venezuela, Carrie Filippetti, ha messo all’indice 433 hotel cubani, ovvero la totalità del parco turistico dell’isola.

Dall’inizio dell’anno Trump ha stretto la morsa attorno a Cuba colpendo tutti i settori chiave dell’economia dell’isola – turismo, rimesse dei cubanoamericani, missioni mediche, rifornimenti di petrolio- e anche inserendo di nuovo Cuba nella lista degli «avversari stranieri» e dei paesi che non contribuiscono alla lotta contro il terrorismo. Una politica tanto più crudele in quanto l’isola, come il resto del pianeta, è impegnata a affrontare la pandemia del Covid-19 e versa in una grave crisi economica.

Il presidente cubano Miguel Díaz-Canel ha denunciato tali misure «che violano i diritti dei cubani e anche dei nordamericani», assicurando che il popolo cubano saprà difendere «la propria sovranità» contro «la crudele e criminale politica» di Trump.

Negli ultimi giorni una serie di inchieste confermano che in Florida Biden è in testa ai sondaggi per un margine che varia da 1,8 a 3 punti. Una forcella troppo stretta per fare previsioni. Ma il vantaggio del candidato democratico sale a più del doppio nell’intenzione di voto dei cittadini ispanici.

Per contro Trump è in netto vantaggio (55% contro 41%) tra gli elettori bianchi. Per questa ragione i falchi dell’Amministrazione preparano un nuovo boccone avvelenato contro Cuba: ripristinare il programma Parole, chiuso da Obama, che concede la residenza negli Usa ai medici cubani che fuggano dalle missioni all’estero e che siano disposti a denunciare la «politica del governo cubano che schiavizza i propri medici».