Il rugby per difendere la loro terra, la Val di Susa. La palla ovale che passa di mano in mano per dire a voce alta No Tav. E’ nata lì la loro storia, tra quelle terre che i padroni dell’Europa vorrebbero sventrare in nome dell’alta velocità. Si sono ritrovati insieme a migliaia di persone, che hanno manifestato pacificamente e con determinazione per opporsi fermamente al ribaltamento delle terre della Val di Susa e all’alterazione di un equilibrio naturale, per farci percorrere certe distanze con qualche ora in meno. La palla ovale è la loro passione da sempre e quel gioco si pratica su un terreno con il quale spesso sono a diretto contatto anche con buona parte del loro corpo, ci finiscono sopra e si sporcano di terra, quando il loro equilibrio e la loro corsa cedono al placcaggio degli avversari. Per loro la terra della Val di Susa e il terreno di gioco sono un’unica cosa, sono entrambi da difendere e loro al corpo a corpo sono abituati, tanto che la palla ovale e le ragioni dei No Tav le portano in giro per l’Italia.

Ci siamo chiesti perché non giocare per la Val Susa e difendere la nostra terra anche attraverso il rugby” racconta Daniele Tarasco, conosciuto nell’ambiente come “lo zio” uno degli animatori dei No Tav Rugby – “Tutto è cominciato il primo maggio dell’anno scorso, quando a sostegno delle lotte delle popolazioni della Val di Susa, abbiamo organizzato il primo torneo No Tav a Venous, in quell’occasione anche il sindaco giocò con noi. Il livello tecnico del gioco tra di noi è piuttosto variegato, infatti ci sono quelli che hanno giocato a rugby in serie B e in serie C per circa vent’anni e altri che hanno avuto solo piccole esperienze, poi lasciate cadere e riprese recentemente. Quello che ci unisce è la terra, intesa come difesa dalla Tav e come terra sulla quale corriamo quando giochiamo a rugby. Poi ci siamo ritrovati di nuovo durante l’estate del 2012, per disputare un torneo il 21 luglio in Val di Susa, per noi terra e rugby sono due cose inscindibili. I nostri tornei comprendono fasce di età che vanno dai 16 ai 60 anni, possono giocare tutti, maschi e femmine, i partecipanti di questa fascia di età sono definiti Old, come nel mio caso. Dopo il torneo di Venous, disputatosi l’anno scorso il 21 luglio a sostegno delle lotte della Val di Susa, abbiamo partecipato a un torneo di rugby a Firenze a settembre del 2012, dove hanno giocato circa cinquanta persone di squadre provenienti da varie parti d’Italia, perché lì hanno a che fare con la Tav della variante di valico dell’appennino.

Non esiste un calendario annuale predefinito, il torneo di rugby No Tav stabilisce gli incontri di volta in volta, man mano che in un luogo si organizzano lotte per la difesa del territorio o si realizzano le occupazioni di spazi destinati ad attività del tempo libero e dello sport. Ogni torneo è sempre preceduto da un incontro politico in cui si informa dei lavori della No Tav, delle lotte in corso delle popolazioni della Val di Susa, della militarizzazione del territorio, poi seguono le partite, infatti le nostre magliette rosse sulla parte anteriore simbolizzano i due momenti, quello politico e quello sportivo, hanno raffigurata una ragazza che placca un treno in corsa”.

Sulla parte posteriore delle magliette è riportata una lunga scritta che è il programma politico dei Rugby No Tav: “La cosa più importante nel gioco del rugby è il sostegno, l’appoggio dei compagni, la mutua solidarietà, quella che vediamo all’opera ogni giorno nella val Susa che resiste. Per noi la solidarietà è importante, è il sale della vita. E’ un valore che ci ha portato a spalare il fango a Firenze, nel Bellese nel ’68, a Genova, in Friuli, in Irpinia a morire a L’Aquila. Per questi motivi giochiamo. Singoli rugbysti da varie città e regioni italiane partecipano per condividere gli stessi valori, le stesse intenzioni la stessa gioia di difendere e proteggere quella terra, che è la nostra terra. Perché ogni singola zolla della val Susa diventi i nostri 22 e nei nostri 22 per sempre A SARA’ DURA”.

La nostra chiacchierata cade nel bel mezzo di uno di questi momenti politico-sportivi, quando a Catania è in corso un torneo di rugby, promosso dal coordinamento di lotta No Tav- No Ponte-No Muos, al quale hanno partecipato squadre di rugby provenienti da quattro regioni, Lazio, Piemonte, Lombardia ed Emilia. Il torneo è stato indetto a sostegno della struttura sportiva occupata di San Teodoro, un quartiere di Catania, dove sorge un centro sportivo immenso costruito 15 anni fa in occasione delle Universiadi, costato migliaia di euro e mai entrato in funzione, che comprende campi di calcio, di tennis, di pallavolo, pallacanestro, calcetto, piscina, ecc.

La struttura sportiva polivalente è stata costruita in un quartiere periferico denominato Librino, dove ci sono le stalle che ospitano i cavalli utilizzati per le corse clandestine, che alimentano le scommesse gestite dalla criminalità organizzata. I nostri compagni, che aderiscono al coordinamento No Tav-No Ponte-No Muos, hanno chiesto più volte al comune di Catania di gestire la struttura, che giaceva da anni abbandonata e nell’incuria totale, ma senza esito, e adesso stufi di attendere l’hanno occupata. In questa struttura sportiva i compagni impegnati nelle lotte a Catania, hanno costituito la squadra di rugby chiamata i Briganti di Librino. Abbiamo partecipato al torneo di rugby promosso da loro con squadre di quattro regioni, circa 70 giocatori, senza distinzione di razza e di sesso, compreso ragazzi under 16” conclude lo Zio Tarasco . I No Tav rugby, fanno proseliti, tutti possono giocare, anche per poco, se il fiato non regge. Intanto annunciano la loro partecipazione a un torneo a Roma il 29 e 30 giugno, che si svolgerà presso l’ex cinodromo occupato, dove si allena una squadra di rugby, i Red Bull, poi sarà la volta di Pesaro. La palla ovale passa di mano in mano, su un unico grande campo di rugby fatto di terra e fango, che dalla Val di Susa si estende fino a Catania.