Il 20° Shanghai International Film Festival ha presentato in anteprima mondiale il film Rudy Valentino di Nico Cirasola. Il regista pugliese DOP ha incantato nuovamente il numerosissimo pubblico cinese, a distanza di 13 anni, raccontando il viaggio di Rodolfo Valentino a Castellaneta. Un viaggio reale che s’immerge negli elementi fantastici che contraddistinguono i film di Cirasola. Perfetto narratore di storie, Nico ci ha raccontato il suo di viaggio, in Cina e nella realizzazione del film; un cammino fatto con amore e pazienza durato 17 anni e che finalmente, giunto a destinazione, riporta il divo a Castellaneta e sugli schermi del mondo intero.
Com’è arrivato il film a Shangai?
Tramite Filmitalia, proiettato in questi Multiplex pazzeschi, con un pubblico numerosissimo, soprattutto giovane. È la seconda volta per me in Cina, insieme a un mio film. Fui contattato da una delegazione cinese per presentare Da do da al festival del Gallo d’oro e dei Cento fiori; un festival storico del periodo di Mao. Proposi di proiettate anche Odore di Pioggia. Già nel ’94 proiettai i miei film con i sottotitoli in cinese, ed era la prima volta che un film italiano era presentato a un pubblico cinese. Nel ‘94 l’Italia non aveva più rapporti con la Cina, se non per le associazioni politiche; figurati a livello culturale e soprattutto cinematografico. La curiosità è che non era un pubblico «normale», ma di addetti ai lavori. Pensando alle proiezioni italiane per addetti ai lavori, pensavo che avrebbero partecipato 30 persone, invece con mia grande sorpresa – va bene che lì i numeri sono sempre esagerati – vennero numerosissimi per l’epoca.
Per i festival di allora, rispetto alla censura, non era possibile far vedere i film a tutti, ma solo agli addetti ai lavori. Loro usavano i nostri film per far vedere le tecniche utilizzate in altri paesi e per avere uno scambio culturale. All’epoca vidi dei film meravigliosi che in seguito sono arrivati anche da noi. Tipo La foresta dei pugnali volanti.
C’erano alcuni film di genere un po’ barocco, cavalleresco, medievale e western; tutti mescolati insieme e usati anche in modo ironico: teste tagliate che volavano sopra le persone, zampe o teste di cavalli falciati con dei cavi d’acciaio in stile medievale; che poi si ricomponevano…anche i soldati non morivano mai. Gli tagliavano la testa e nelle inquadrature successive li vedevi ancora a cavallo, a combattere di nuovo. Fu un film che mi affascinò tantissimo.
Oltre alla première mondiale del film su Valentino, c’è stata la proiezione di Focaccia Blues all’università di Shanghai, ed è stato un altro incredibile happening. Siamo riusciti a organizzare questo evento grazie a Roberto Bernasconi, un barese che vive da diversi anni a Shanghai, sposato con una cinese e con un ristorante alla barese. Ha fatto per noi la tipica focaccia da offrire durante la serata ed è stato un successo pazzesco, con tantissimi giovani.
Quando uscirà il tuo film in Italia?
Per la prossima stagione, ottobre-novembre. Intanto stiamo presentando il film in più festival: Stati Uniti, Europa; in Russia per esempio andremo a ottobre, cosa che ci lusinga molto. Diciamo che stiamo aspettando un po’ questo cine-tour mondiale per poi venire in Italia. Secondo me serve molto al film. Torino e Venezia sono stati fatti fuori dal fatto che il film è uscito a Shanghai, che fa parte della federazione dei festival come Berlino. Naturalmente la partecipazione a un festival pregiudica la presenza a un altro. Ma a livello internazionale ci sono i festival a Londra, Russia, Medio Oriente dove non hai problemi se hai già fatto un anteprima.
Come nasce l’idea del film?
Mentre giravo Odore di Pioggia, si parlava dei miti pugliesi e tra questi c’è Rodolfo Valentino. Poi ho fatto altri lavori e piano piano questo soggetto andava maturando. Nel ’94, infatti, avevamo già più o meno una sceneggiatura pronta, diversa da questa, ma l’idea era già pronta…è un lavoro andato avanti per tanto tempo.
Parlami del tuo film e di Valentino.
Ci sono 350 biografie che raccontano la storia di Valentino: molte discordanti, alcune concordanti. La figura di questo personaggio internazionale, il primo divo della storia del cinema nel mondo, è stato anche replicato. Abbiamo scoperto che in Cina, a Shanghai, c’era negli anni ’20 -’30 il Rodolfo Valentino di Shangai. C’era un attore cinese che replicava la figura di Valentino per tutto l’estremo oriente. Il titolo di un film era, appunto, Rodolfo Valentino di Shangai. Pensavo che fosse popolare negli Stati Uniti, magari anche nel mondo Arabo per le sue interpretazioni, ma in Cina…
Valentino è stato il primo attore bianco a interpretare il personaggio dello Sceicco, figura mitica dell’immaginario orientale. L’altra cosa importante è che di lui s’innamoravano le donne. Questa cosa dava forza, carica al film rendendolo anche come una specie di paciere. Si sa che i conflitti tra oriente e occidente ci sono sempre stati e il film Lo Sceicco e poi il successivo Il figlio dello sceicco, interpretavano moltissimo questa esigenza mondiale di pacificazione.
Chi ha creato Rodolfo Valentino è stato un pool di donne lesbiche molto potenti in quel momento. C’era Alla Nazimova, attrice molto importante e influente e Natacha Rambova, diventata poi la moglie di Valentino. Ci sono tantissime biografie sul divo compresa una molto importante, che ho preso come testo di riferimento, Madame Valentino che vede l’attore dal punto di vista della moglie. Quello che mancava, che mi incuriosiva molto, era il suo viaggio in Europa nel 1923; soprattutto la puntata che fece a Castellaneta, il suo paese d’origine.
Quello che racconto è il ritorno di Valentino a Castellaneta e l’incontro scontro con la realtà del suo paese. In qualsiasi paese dove andasse, c’erano donne ad aspettarlo come per i Beatles. La sua fama, il suo modo di essere divo è stato il primo in assoluto nel mondo. Ancora oggi a Hollywood quando creano un nuovo divo o annunciano la nascita della nuova star del cinema dicono: il nuovo Valentino.
Sei partito da un testo di base e poi hai immaginato questo viaggio?
Si, ho immaginato questo viaggio reale. Appresi la notizia al festival di Berlino che nel ‘79 dedicò una retrospettiva a Rodolfo Valentino e l’unica nota interessante che ho trovato diceva: 1923 – fra l’agosto e novembre Rodolfo Valentino è venuto in Italia. Ho fatto delle ricerche e ho appurato che: aveva incontrato D’Annunzio sul lago di Garda; era stato a Milano alla Rinascente dove la sorella lavorava come commessa; aveva incontrato il Barone Fassini il fondatore della prima casa di produzione cinematografica italiana, la Cines; poi è stato sul set di Quo vadis? a Roma. Arrivato a Napoli la moglie prese una nave e tornò in America. Lui prosegui fino a Castellaneta chi sa come e in che modo. Avevo immaginato che tornava nel suo paese vestito da Sceicco a bordo di una macchina insieme alla moglie; ecco questo è inventato. Arrivano, in modo surreale, a Castellaneta ai tempi d’oggi, dove incontrano una compagnia teatrale del posto che sta ricostruendo la storia di Valentino. Racconto la storia attraverso un canovaccio ed è ambientato tutto a Castellaneta.
Il processo di realizzazione del film è stato lungo?
Si, fin dagli anni 90. L’ambizione era un film fastoso e costoso, con ricostruzioni ecc. Ma facendo una scelta stilistica, dove certe cose barocche e roboanti alla fine stonano, abbiamo preso l’essenziale costruendo dei quadretti molto belli. Abbiamo anche lavorato utilizzando la tecnica del teatro, uno sfondo teatrale; alcune situazioni avvengono sul palcoscenico. Poi altre scene sono state girate in una «situazione reale» dentro Castellaneta.
Com’è stato il lavoro sulla fotografia?
Rocco Marra è il direttore di fotografia, lo stesso di Focaccia blues, già ci conoscevamo. È stata una fotografia molto bella non solo nella messa scena, ma anche nel bilanciamento del colore che è stato incisivo; infatti, abbiamo lavorato anche in post produzione. Guarda tutto il cast tecnico e artistico è stato importante, tutti hanno dato il massimo: i trucchi, le acconciature, i vestiti, è stato tutto molto curato. Un atélier inglese, che fornisce le camice al principe di Galles, ha messo a disposizione i suo capi. Il proprietario anche lui pugliese, ha creato dei costumi per il personaggio di Valentino ad hoc. Poi c’è Nicola Nocella tra gli interpreti che fa il capocomico della compagnia; molti attori di teatro bravissimi. Sono stati tutti eccezionali.
Com’è avvenuta la selezione del cast?
Cercavamo attori della scuola di cinema, giovani, facce nuove non sfruttate; era inutile chiamare attori già famosi. Rodolfo Valentino è una figura mitologica o cerchi di ricreare il mito o è difficile mettere in scena questa figura.
L’attore che interpreta Rodolfo Valentino è stato una bellissima intuizione di Lucia, mia moglie, che è cosceneggiatrice del film e che si è ricordata di questo attore pugliese: Pietro Masotti che è stato una piacevolissima scoperta. A parte che è un giovane aitante, 1.85 di Adone, che incarna benissimo il mito di Valentino; e viene dalla scuola Silvio D’amico. Natacha Rambova è stata interpretata da Tatiana Luter, italo-americana che ha studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia. Li circondano un bellissimocast: Luca Cirasola, mio figlio, che fa la parte del fratello Alberto; Rosa Palasciano giovane attrice che fa la parte della sorella. La partecipazione di Alessandro Haber nel ruolo di D’Annunzio; e il mio più grande desiderio: Claudia Cardinale tra gli interpreti.
Parlami della produzione
Il film è stato coprodotto dalla Bunker Lab di Alessandro Contessa e Luigi Sardiello e dalla Mediterranea film che aveva il progetto in corso da diversi anni. Poi abbiamo preferito questa formula di collaborazione tra la Bunker Lab che si è occupata di tutta la produzione e la Mediterranea film che si è occupata di tutta la preparazione del film a livello burocratico. Poi c’è stato un contributo del Ministero dei beni culturali e l’intervento dell’Apulia Film Commission e chiaramente anche gli sponsor che Alessandro Contessa è riuscito a coinvolgere. Speriamo soprattutto di avere il consenso del pubblico.