In principio fu Unti e bisunti, il programma cult di DMAX, canale 808 del bouquet Sky destinato agli stomaco forti. Nell’era del food porn, fra trasmissioni Tv che hanno aggiornato i vocabolari di ogni aspirante Artusi con fighetterie come «riduzione», «impiattare» o «bisque», anche per un cuoco con un look da forzuto del circo Barnum ci può stare un po’ di gloria. Mustacchi impomatati, tatuaggi e muscolacci da rugbista, più una paraculaggine da globetrotter de Frascati degno del cargo battente bbandiera libberiana di Carlo Verdone: queste, le credenziali di Gabriele Rubini alias Chef Rubio, trentenne cantore del cibo da strada. Un personaggio tv che però sembrava uscito da un fumetto, e che ora ci rientra in grande stile.
A pensarci è stata la Star Comics di Perugia, la casa editrice che alla fine degli anni Ottanta aveva avviato il rilancio dei fumetti Marvel dopo la chiusura della storica Editoriale Corno e che negli ultimi decenni ha scommesso su produzioni popolari come i monelli di Lazarus Ledd, Jonathan Steele e Kepher. Senza rinunciare a salutari iniezioni di narrativa «indie» come Valter Buio, fra i pochi albi italiani a trattare tematiche controverse come gli anni di piombo, o il recente Suore Ninja, firmato dal duo Davide La Rosa – Vanessa Cardinale, già autori del demenziale Zombie Gay in Vaticano.

L’idea di un Chef Rubio a fumetti è di Giuseppe Di Bernardo, autore completo e deus ex machina delle produzioni italiane firmate da Star Comics. Più che di un’idea, anzi, meglio parlare di un’intuizione, almeno a sentire l’editor fiorentino. «Come spesso succede, non si è trattato di un progetto nato ’a tavolino’, ma di una fortunata coincidenza. Affrontare colossi dell’editoria a fumetti come Sergio Bonelli Editore sul terreno dei cosiddetti albi ’a quaderno’ è sempre un azzardo, dati i costi di produzione di serie e miniserie autoprodotte. Per affrontare la sfida nel modo più razionale, abbiamo scelto di concentrarci su veri e propri speciali monografici caratterizzati da una veste grafica più ricercata della media, da una foliazione più abbondante e da spunti inconsueti. Proprio andando alla ricerca di idee per questi «romanzi a fumetti», ci è cascato l’occhio sulla prima stagione di Unti e bisunti. Il personaggio era già tutto lì: uno chef da combattimento che sembrava uscito da un film di Quentin Tarantino».

Per pura coincidenza, lo chef à la Tarantino è anche uno che i fumetti li divora, come attesta la collezione di Dylan Dog che fa bella mostra di sé in casa Rubini. Sposata l’idea del cuoco a fumetti, non rimane che cucirgli addosso una storia che gli calzi come un grembiule da cucina. Entra in scena Diego Cajelli. Uno sceneggiatore con alle spalle un robusto chilometraggio su testate popolari come i bonelliani Zagor e Dampyr, senza dimenticare Diabolik della Astorina. E brillanti miniserie indipendenti come il poliziottesco Milano Criminale di Edizioni BD e il recente Long Wei di Editoriale Aurea. Ma anche, come sottolinea Cajelli stesso con una punta di orgoglio, uno chef amatoriale con tanto di diploma. Che sul suo blog, Diegozilla, dichiara: «Con Rubio ci siamo capiti al volo, parliamo più o meno la stessa lingua. Oggi, nel 2014, il cibo, l’alimentazione, la cucina, sono al centro dell’attenzione culturale di questo Paese. Ti pare che un fumetto sulla cucina, il cibo e l’alimentazione sia da prendere sottogamba o da fare così, tanto per fare? Il cibo è racconto. Lo è sempre stato. Attraverso il cibo puoi raccontare tutto quello che vuoi».

Resta da esplorare il fumetto in sé, un curioso e divertente ibrido fra comic, ricettario e instant book che mescola disinvoltamente atmosfere fra il Morgan Spurlock di SuperSize Me e Ian Fleming, ma anche sprazzi di satira a grana grossa in stile Zoolander. Più, ovviamente, le ricette da strada di Chef Rubio stesso. Rese da Cajelli e dal co-sceneggiatore Stefano Ascari alternando al segno realistico di Enza Fontana (Rourke, John Doe) gli ironici siparietti dell’emergente Giuseppe Lo Bocchiaro. Ma sempre sotto l’occhiuta supervisione dello chef con la ghigna da pugilatore. Che non ne lascia scappare una, come sottolinea Di Bernardo: «Nella ricetta del Pani ca meusa, Diego ci aveva messo la ricotta… ecco, Chef Rubio l’ha fatta togliere, perché secondo lui si trattava di una licenza troppo ardita». Il fumetto è in tavola, pardon, in edicola e in libreria, menù internazionale curato da Chef Rubio himself: unagi don giapponese, bibimbap coreano, kokorec turco.