Memoria familiare e filmica – ma non autobiografia, perché nelle parole del suo autore «questo film non ha nulla di autobiografico o personale, è semmai il biografico al di là della biografia» – sono il corpo e l’anima, la carne e il pensiero di Rua Aperana 52 che Julio Bressane realizzò nel 2012 e quell’anno fu presentato in prima mondiale al festival di Rotterdam.

ORA, questo testo magmatico e ipnotico, dopo il passaggio in prima tv grazie a Fuori orario, si può vedere su Rai Play ed è un’ottima occasione per aggiungere un ulteriore tassello alla conoscenza dell’opera del cineasta brasiliano. Il titolo si riferisce alla via dove si trovava la casa della famiglia Bressane, un angolo di Rio de Janeiro cristallizzato in fotografie d’epoca che il regista riporta in primo piano, soprattutto nei primi due, brevi, «capitoli» che compongono Rua Aperana 52, chiamati Fotogramma e Fotodramma. Quelle fotografie, scattate tra il 1909 e il 1955 (Bressane è nato nel 1946), toccate dalle dita di Bressane, deposte al centro dell’inquadratura, filmate non nascondendone i bordi e a volte avvicinandosi talmente a esse fino a rendere volutamente «illeggibile» i contenuti («Vai, fino a sfocare tutto, così», indica Bressane all’operatore), mostrano immagini della casa, dei genitori, del regista bambino in braccio al padre e alla madre, di matrimonio, di vacanze. Eppure, «si tratta di qualcosa che può essere sensibile soltanto per chi mi conosce, gli altri non possono sapere se si tratta di me o di un altro bambino».

CINEMA che allarga gli sguardi e la percezione, quello di Bressane (da sempre). E che, in Rua Aperana 52, ri-pensa se stesso, la propria storia, la propria memoria. Nel terzo «capitolo», Fototrama, quello più esteso e espanso, Bressane si avvia in una ricognizione della sua opera, praticando su quel corpo un lavoro di scavo e di relazioni, una «autopsia» visiva, sonora e muta, parlata e cantata, in bianconero e a colori, sul tessuto di venticinque suoi film che coprono un periodo di mezzo secolo, dai primi in 16mm di fine anni Cinquanta a Belair del 2009, passando per titoli divenuti dei veri e propri punti di riferimento di un (fare) cinema marginale, come Matou a família e fou ao cinema (1969), ma anche per brani inediti tratti da A fada do Oriente (1972) e Viagem através do Brasil (1971-1973). Quella che si manifesta in Rua Aperana 52 è una magnifica ossessione attorno a dei luoghi, pochi e ricorrenti, come la strada tortuosa che si inerpica lungo la montagna o il mare, le onde, gli scogli, filmati nel corso del tempo e radunati in un loro ri-trovarsi compulsivo e teorico, brandelli di lavica carne filmica che eruttano sullo schermo e bruciano gli occhi di chi guarda. Un lavoro di ri-pensamento attraverso il montaggio. «La geografia di un luogo non molto vasto ma molto ricco come paesaggio – spiega Bressane – un paesaggio che possiede in sé la forza dei quattro elementi, pieno d’acqua, d’aria, di fuoco e di terra». Rua Aperana 52 li espone in tutta la loro esplosiva, densa, tattile stratificazione.