“C’è un problema su Alitalia che riguarda particolarmente il numero degli esuberi, ed è sugli esuberi, 2400, 2500, 2200, che si sta provando a lavorare”. Le parole del viceministro ai trasporti Riccardo Nencini certificano quale sia il nodo più ingarbugliato da sciogliere per la futura fusione fra l’ex compagnia di bandiera ed Etihad. La scimitarra araba sul personale Alitalia è fatto noto da oltre un mese. Ma le imminenti elezioni europee hanno portato gli attori italiani in scena – governo, banche, sindacati – a prendere tempo e congelare il dossier.

Solo ora, a urne chiuse, è arrivata la lettera definitiva di Etihad che dà il via libera alla fusione con Alitalia. Secondo le stesse linee guida emerse alla fine di aprile: la compagnia degli Emirati è pronta a investire dai 500 ai 600 milioni di euro, per avere fino al 49% di una società che potrebbe essere, anche se il ministro Lupi continua a smentire, una newco. Questo perché le banche creditrici, su tutte Intesa San Paolo e Unicredit, sono disponibili a cancellare solo un terzo dei tanti debiti di Alitalia, non facilmente quantificabili fra pregressi, “contemporanei”, e contenziosi di ogni genere. Mentre per gli altri due terzi il progetto di fusione prevede una bad company, alla quale affidare anche la gestione dei 2.600 lavoratori che gli arabi di Etihad hanno giudicato di troppo. Aspetti questi ultimi che, lo voglia o meno il governo Renzi, finiranno per incidere sulle casse pubbliche. Aggiungendosi alle ingentissime spese – ancora in corso – legate al bagno di sangue societario e occupazionale del 2008-09.

Per fare il punto della situazione, il consiglio di amministrazione della compagnia italiana è stato convocato per venerdì. Ma già ieri Alitalia ed Etihad hanno lanciato il primo comunicato di prodotto congiunto, con il programma turistico di tariffe agevolate “Italiani nel Mondo” (“Made of Italians”) 2015, pensato in occasione dell’Expo di Milano. Una esposizione di fronte alla quale James Hogan, numero uno della compagnia di Abu Dhabi, offrirà ai clienti un aumento delle rotte da e per Linate, fermo restando il ruolo di hub a Fiumicino per i voli a lungo raggio. Quanto a Malpensa, le arrampicate sugli specchi di buona parte della classe politica lombarda ma anche nazionale – specialmente di parte forzista e leghista – non cancellano il dato di fatto di uno scarso interesse della futura compagnia verso lo scalo varesino.

Quanto ai nuovi esuberi – per il personale di terra, non quello “volante” – sono di scuola le mani avanti di Raffaele Bonanni: “Se ci sarà questo nuovo piano di sviluppo che noi auspichiamo da tempo – commenta il segretario della Cisl – non ci saranno esuberi e potranno essere riassorbiti via via tutti i lavoratori. Ma è chiaro che ora dobbiamo venirci tutti incontro: governo, compagnia e sindacati. È sbagliato parlare subito di esuberi. Non bisogna fare terrorismo sulla pelle dei lavoratori”.